Oltre la parola dipinta

oltre-la-parola-dipinta_platform_opticAlfredo Rapetti Mogol, classe 1961, è indubbiamente uno degli Artisti di maggior spicco dei nostri tempi. Non lo chiamiamo “figlio d’arte”, perché sarebbe estremamente riduttivo, e perché lo è solo per un fatto anagrafico, in quanto ha saputo crearsi un’arte sua propria, completamente indipendente da quella di un padre così famoso come Mogol, noto paroliere della nostra musica. Sebbene sia anch’egli un paroliere (utilizza lo pseudonimo di “Cheope”), Alfredo Rapetti è principalmente un Artista; non è un Pittore nel senso stretto del termine, in quanto le sue creazioni spaziano in diversi campi ed utilizzano i materiali più svariati.
“Noi esseri umani siamo gli unici esseri viventi capaci di scrivere” è l’esordio recente di Alfredo Rapetti Mogol alle sue esposizioni, quando introduce i suoi lavori, ad una prima occhiata elementari, ma oltremodo complessi e ricchi di significati se si analizzano con attenzione. Alfredo Rapetti Mogol è un Artista del nostro secolo, ma che lo precede, per certi versi; dotato di una profonda sensibilità artistica e di una spiccata creatività, l’Artista ci presenta le sue “scritture”, ovvero quelle tracce che noi lasciamo per coloro che ci sono cari, o per coloro che verranno.
Pensieri, lettere, amori, speranze, tutto in forma scritta bianco su bianco, oppure nero su nero, o in oro a seconda del nostro stato d’animo. Ed è così che è nato il ciclo di opere dedicato alla scrittura, molto apprezzato sia dalla critica che dal pubblico. E da lì la sperimentazione di Alfredo Rapetti procede e va oltre, fino ad esaminare, nella nostra vita, chi sono stati coloro che hanno lasciato in qualche modo una traccia, anche se minima. Ed ecco che prendono vita i “cieli”; sono cieli interiori, è vero, e ci spingono a pensare i nomi e le frasi che ci sono state care durante la nostra esistenza. Si evince fin d’ora che il messaggio lanciato dalle opere del Maestro è tutt’altro che elementare, ma ci invita a riflessioni profonde. Rapetti lavora sulla tela in modo poliedrico e polimaterico; dall’acrilico al bitume, alla carta, al cemento, al legno, non risparmia nessun mezzo anzi, pare dilettarsi ed integrarsi con la matericità dei vari materiali, plasmando ogni legno o simile a sua volontà. Ci invita a riflettere, ci propone una sosta dalla nostra frenetica quotidianità e ci fornisce argomenti su cui meditare: le parole scritte o dette, le persone che hanno fatto parte della nostra vita, coloro che abbiamo perduto, le lettere che non abbiamo scritto.
Tutto questo fa parte della nostra esistenza e spesso lo trascuriamo. Al giorno d’oggi siamo troppo presi ed intrappolati in una tempistica troppo veloce ed abbiamo bisogno di fermarci per poter pensare un po’, anche per apprezzare le piccole cose che abbiamo davanti agli occhi, a volte senza saperlo.
Le suggestive opere del ciclo “lettere dal fronte” derivano da una ispirazione militare del Maestro e rappresentano una camerata di soldati dove – purtroppo – sono vuoti i posti di coloro che non hanno fatto ritorno; ma ciascuno di loro ha scritto lettere a casa, alla famiglia, alla moglie o alla fidanzata.
Fanno parte del patrimonio del Nostro anche delle opere su carta, alcune delle quali realizzate con deposizioni “emozionali” di colore su film di acetato, accompagnate da frammenti di scrittura su tela e poi applicate sulla carta; sono queste le cosiddette “radiografie emotive” (in blu) e “radiografie cromatiche” (a colori).
Recentemente l’Artista ha dato vita a lavori realizzati su marmo di Carrara, e ad opere con lampade al “neon” nelle quali viene affrontata la tematica di scomposizione della parola.
Così scrive Rapetti, parlando del suo lavoro: “Più che di una lingua inventata o forse per meglio dire, oltre all’iconografia di una lingua apparentemente inventata, credo, per quanto riguarda il mio lavoro, si possa forse più propriamente parlare di una lingua “dimenticata” e in qualche modo salvata. Di una scrittura a prima vista sconosciuta ma contemporaneamente familiare, di qualcosa che non conosciamo e allo stesso modo ci appartiene, che abbiamo dimenticato ma fa anche, intimamente, parte di noi. Come quando incontriamo una persona per la prima volta e abbiamo l’impressione di conoscerla da sempre. Scrittura come veicolo di un pensiero profondo, sotterraneo, come una conoscenza che non pensavamo di possedere ma che affiora dalla memoria, come una conchiglia dal mare, un reperto dalla sabbia e si rivela come una piccola apparizione. Uno sguardo dentro uno specchio in cui ritrovarsi a tu per tu con la propria anima, con le nostre radici nascoste. Una lingua dimenticata ma nello stesso tempo salvata nel momento stesso la riconosciamo come portatrice di emozioni e valori profondamente umani”.
Hanno scritto su Rapetti le più importanti firme dell’arte contemporanea, da Duccio Trombadori a Gianluca Ranzi, da Luciano Caprile a Maurizio Vanni, solo per citarne alcuni. Non elenchiamo qui le numerose esposizioni personali dell’Artista in Italia e all’estero, ma segnaliamo solo l’invito ad esporre alla 52a Biennale di Venezia del 2007, nel Padiglione della Repubblica Araba Siriana, in occasione della mostra “Sulle vie di Damasco” curata da Duccio Trombadori, e nel 2011 alla 54a Biennale di Venezia, “Padiglione Italia”, curata da Vittorio Sgarbi. È recente (ottobre 2015) la bellissima Mostra dedicata ai Placiti Cassinesi, svoltasi presso il Museo Carettoni di Cassino. L’Artista, presente anche con un dipinto nella recente rassegna di Pitti Uomo a Firenze, ha in corso di definizione numerosi eventi, il cui calendario verrà pubblicato prossimamente.
Ci preme segnalare che è stato attivato l’Archivio ufficiale delle opere del Maestro presso la Galleria d’arte ARTEA a Milano.

Informazioni sulle attività di Alfredo Rapetti Mogol sono anche contenute in www.riccardoarte.it.