Self Reference Criterion.

LÀ, DOVE TUTTO SCORRE.

DIVERSI ANNI FA, AGLI INIZI DELL’ERA WIFI, RICORDO CHE QUALCUNO DISSE “MA CHE  COSA VUOI FARCI CON IL WIFI IN CASA, TUTTI I COMPUTER SONO CONNESSI CON IL CAVO, VUOI DAVVERO ANDARE IN GIRO PER LA CASA COL PC IN MANO?”. ECCO, A VOLTE CAPITA CHE TRADIZIONE, IL QUOTIDIANO ED UNA SCARSA FANTASIA, UNITA AD UNA VISIONE UNILATERALE DEL MONDO NON FACCIANO INTRAVEDERE LE POSSIBILITÀ DEL FUTURO. C’È UN TERMINE, UN ACRONIMO CHE SI USA IN MARKETING: SELF REFERENCE CRITERION, SRC.

SRC è, in pratica, il fare riferimento alla propria cultura, passata esperienza e conoscenze come base decisionale per il futuro, è sostenere ciecamente che se abbiamo fatto bene in passato, usando gli stessi metodi faremo bene anche nel futuro, è credere che se un prodotto ha venduto bene in un dato contesto venderà bene anche in un contesto diverso. Mi pare ovvio che sia un errore colossale, tanto più se si considera la velocità attuale di evoluzione del mercato quindi sembra che l’effetto ‘pandemia’ sia leggermente rientrato su livelli di normale evoluzione, e il secondo pezzetto di informazione è che – allentando le misure di lockdown, i piccoli negozi tornano a vedere vendite in crescita (+5,8%).
Ah, il gusto di ‘uscire per andare a fare shopping’! In termini da consulenti, ‘si torna a fare acquisti di prossimità’. Ecco, questo concetto – continuo a girare online e leggere informazioni – sta uscendo da più parti: consumo consapevole, consumo sostenibile, fiducia, ergo negozio di prossimità. Perché ‘spendendo vicino’ si diventa attori della ripresa, o se non siamo così lungimiranti si aiuta il piccolo commerciante, o si spende dalla persona che ti ha sempre salutato con un ‘Buongiorno!!’ squillante dalla porta del negozio, in poche parole si fa parte della comunità, non siamo soli, e alla fine un sorriso ‘umano’ e non un emoticon ancora fa la sua bella differenza. Ecco, fatto, tutto risolto, posso tornare a sedermi in negozio contento, che alla fine il contatto umano vince.
Aspetta, e non scordiamoci degli smartphone, degli orologi smart e le altre diavolerie, non scordiamoci che quanto i clienti hanno imparato a fare online in e dei consumatori, con in aggiunta la pandemia che tutto cambia, accelera, trasforma e mette in discussione. Allora, vediamo di capire se siamo in regime di SRC, o se invece il cambiamento lo abbiamo notato e siamo pronti ad usarlo, non a subirlo, per essere più efficaci. Leggo stamani (sto scrivendo questo articolo agli inizi di gennaio 2022, tutto scorre però…) che il 60% dei consumatori prima di acquistare – sia online che offline – consulta un blog, cerca referenze, ‘ascolta’ i social media. È anche vero che ‘solo online’ forse non è più così fondamentale, leggo che le azioni di aziende che hanno scalato le classifiche durante i primi periodi di pandemia – tipo, che so, Zoom – hanno perso nel 2021 parecchio, anche metà del proprio valore di borsa. Continuo a girare tra le mie newsletter e trovo che negli Stati Uniti, dati riferiti al periodo del ‘Black Friday’ (ormai una consuetudine anche da noi), una ricerca commissionata da American Express sostiene che 80% degli intervistati comprerà da un negozio (small business) invece che solo da una catena. La ‘piazza’ online è sempre di grande attrattiva, ma uscire di casa e vedere un po’ di mondo sta tornando. Per adesso. Vado a vedere che cosa è successo in Italia, e si scopre che sono cresciuti, pandemia ‘pesante’ (non che questa di inizio gennaio sia uno scherzo, ma insomma…) non lo hanno abbandonato né completamente dimenticato. Aggiungiamo anche i cambiamenti proprio a livello di pagamenti – si dice che il 54% degli italiani (direi gli intervistati per la ricerca che sto leggendo) adorano e usano pagare via smartphone e siamo di nuovo lì. Non si capisce ancora se siamo fisici o digitali, se siamo elettronici o analogici, se ci piace il ‘Buongiorno!!’ o se va bene la faccina gialla delle emoticon. E mi sa tanto che siamo tutt’e due le cose. Siamo diventati estremamente ‘critici’, ma nel senso buono del termine.
Critici nell’uso della tecnologia o del non uso della tecnologia, critici nel senso capaci di avere un “proprio criterio di valutazione ed interpretazione della realtà in modo da evitarne ogni accettazione passiva…”. Guarda un po’, “avere un proprio criterio di valutazione…”. Quindi, in pratica, potremmo dire che siamo adesso nella posizione di ascoltare i nostri bisogni, rapportarli alla realtà corrente, analizzare le opzioni possibili – di soddisfazione del bisogno – attraverso mille fonti di informazione (fisiche e online), decidere l’esperienza d’acquisto migliore per quanto vogliamo raggiungere, e procedere all’acquisto nel nel 2021, gli acquisti per la tecnologia ‘personale’. Se è ovvio che gli smartphone sono ovunque, gli italiani sono impazziti per i dispositivi ‘wearable’ – che indossi, in qualche modo, e che sono estensione del telefonino: orologi smart, occhiali smart, tutto quanto è “smart”. Crescono del 65%. Non so se contribuiranno a renderci davvero più smart, più intelligenti, ma sicuro che si sta modificando il modo con cui interagiamo con il mondo. Arriva un WhatsApp, neanche guardo il telefono, ruoto il polso ed eccolo lì, le mail sono piccole linee su uno schermino di un orologio, e decido se o meno prendere il cellulare. Anche i tablet crescono molto (quasi del 30%), quindi il messaggio anche qui è abbastanza chiaro: intanto che si spende, e per qualcosa che mi facilita le interazioni col mondo (il mio, badate bene, non ‘il mondo’ in generale, il mio), qualcosa che è sempre con me, che posso usare
come mi piace, quando mi pare.

Ma se vuoi capire, più cose leggi e meglio è in linea di massima, poi vediamo alla fine se si è capito. Quindi proseguo il mio viaggio di inizio anno, e trovo un piccolo gioiello di informazione, anzi due: il primo è che l’acquisto online di prodotto cresce nel 2021 (+18%) ma a un ritmo ridotto rispetto all’anno precedente, modo che ci è più conveniente, in quel momento, per quel bisogno, per come siamo fatti noi. E poi buongiorno o faccina. Dipende. È una cosa personale. Secondo – appunto – un proprio criterio di valutazione. La domanda: come posso rimanere rilevante per i miei clienti potenziali se non capisco dove essere rilevante?
Bella domanda.Abbiamo già accennato all’idea di essere ‘rilevante’, e potremmo dire che una buona misura di quanto ‘ho senso’ per un cliente, o per i miei clienti, sono le interazioni – con me e con i miei prodotti – sono il livello di ‘engagement’ che la mia base clienti ha con il mio ecosistema. Ecco, qui iniziamo a ragionare, negozio fisico più presenza online devono essere il nuovo ecosistema, visto quanto abbiamo detto poc’anzi. John Straw, esperto di tecnologia ‘disruptive’, advisor di McKinsey e IBM, quando parla di impatti della tecnologia sul retail, cita un suo cliente:
“Vorrei un dollaro di entrate con cento utenti che interagiscono mille volte al giorno con un prodotto, piuttosto che mille dollari di entrate con cento utenti che interagiscono una volta. Perché è lì che metterò le mie scommesse, su quel livello di coinvolgimento”. Clienti – correnti o potenziali – coinvolti così tanto significano una linea di prodotti ben centrata, e un modo di dialogare e raggiungere le persone corretto ed interessante. Implica che ho la possibilità di vendere, creare un seguito, avere degli sponsor negli stessi clienti. Vuol dire futuro.
Nel retail ‘engagement’ con un prodotto vuole anche dire poterlo provare prima di acquistarlo, non è quindi assurdo pensare di usare quanto la tecnologia ci consente di fare per unire – nel possibile – i due mondi, il fisico e il ‘virtuale’.
Ricordate Second Life, il mondo virtuale dove fare esperienze e vivere una vita ‘alternativa’ con un avatar che ci rappresentava? Roblox pare essere una cosa simile (semplifico) e alcune aziende ci hanno provato, ad entrare e vendere. Gucci aveva fatto nel 2021 una collezione, qualcuno ha pagato $4000 per una sua borsa, come accessorio del proprio avatar, un oggetto che in realtà costa intorno ai $3500, ma in Roblox il concetto di ‘scarsità’ ha giocato un ruolo (era in vendita solo per un’ora, a partire da $5…). So che Nike ha comprato una società che disegna scarpe ‘virtuali’ e ci applica NFT (Non Fungible Token – una specie di certificato di autenticità d’autore, digitale, e anche qui semplifico) per vendere sui mondi virtuali. Esempi da seguire? Magari no, ma da conoscere questo si, mai presupporre di sapere tutto, di capire tutto il mercato. SRC. Mai. Aziende di ogni dimensione hanno sfruttato l’online per creare un flusso armonico tra le fasi iniziali del processo di acquisto – in particolare la ricerca di informazioni e la decisione d’acquisto – che portasse poi alla finalizzazione dell’esperienza direttamente in negozio con il ritiro della merce (BOPIS – Buy Online Pick up In Store, compra online e vai a ritirare in negozio). I clienti possono definire in dettaglio ogni parte del processo di acquisto e  ritiro, possono usufruire di coupon online e di servizi fisici ‘in-store’, per un customer care eccellente, totalmente disegnato sull’utente, anzi, meglio, totalmente disegnato dall’utente. Esempio da seguire? Ci penserei seriamente, si. L’uso – ormai super-sdoganato dal Green Pass – di usare un codice QR con il proprio cellulare ha permesso a retailer e aziende – dagli USA alla Cina passando per Europa e Italia – di creare nuove esperienze d’acquisto. Informazioni senza bisogno di avere sempre un commesso alle spalle che ti chiede ‘Posso aiutarla?’, piccoli video di presentazione prodotto, un influencer che ci suggerisce le bellezze di quanto abbiamo di fronte, mille modi per aprire un nuovo punto di contatto con il cliente, capire cosa cerca, come lo cerca e quanto un’informazione porta all’acquisto. Una tecnologia vecchia un quarto di secolo (sviluppata nel ’94 del secolo scorso dal Gruppo Toyota) ci apre le porte per esperienze futuristiche: possiamo provare in realtà virtuale trucchi che altrimenti dovremmo acquistare e provare a casa o abiti di ogni foggia, possiamo controllare che ci siano taglie e colori nel campionario ed ordinarli direttamente dal telefono, in modalità contact-less, molto ‘pandemic-friendly’. Virtuale e reale, uniti, come mai prima. L’essenza del retail è – forse – il soddisfacimento di un bisogno, anzi di un ‘voglio’ più che di un ‘ho bisogno’, e se per capire dobbiamo unire digitale e fisico per andare a rispondere a tono, allora è il caso di non guardare più al passato e cerchiamo di essere curiosi del  futuro, che tanto i nostri clienti già sono in viaggio, coi loro byte e coi loro soldi.