La tenacia di Anna
Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta degli ottici indipendenti con una donna: Anna Pelagalli, titolare De Gli Occhiali di Anna a Sora, in provincia di frosinone.
Competente, caparbia e decisa. Anna Pelagalli è un’imprenditrice di successo, ideatrice e fondatrice de Gli occhiali di Anna. Al suo fianco da sempre il fratello Luigi, figura fondamentale e complementare sia a livello professionale che umano, e da qualche anno Federica. Per il suo centro ottico ha saputo capitalizzare la sua esperienza pregressa di insegnante e la passione per la psicologia trasformando la visita nel suo store in una vera e propria experience in cui si è guidati, consigliati e accompagnati in tutto il percorso, sia che si tratti di scegliere e fare un occhiale o dell’applicazione delle lenti a contatto. A fine gennaio l’abbiamo accolta a Casa Platform per la realizzazione del progetto cover e siamo stati colpiti dalla sua determinatezza e preparazione. Ecco la sua storia.
IL NOME DEL TUO CENTRO OTTICO SEMBRA QUASI UNA DICHIARAZIONE DI INTENTI! CI VORRESTI SPIEGARE PERCHÉ HAI SCELTO DI CHIAMARE COSÌ LA TUA ATTIVITÀ? QUAL È LA FILOSOFIA CHE C’È DIETRO A QUESTO NOME CHE, PARREBBE, NON ESSERE CASUALE?
Quando abbiamo creato la nostra attività il nome ha rappresentato la parte più impegnativa. Quando inizi un’avventura imprenditoriale devi affrontate una serie di impegni pratici, di gestione… però ciò che più ci premeva era identificare al meglio quello che stavamo creando. Abbiamo fatto diverse ipotesi ma nessuna sembrava quella giusta e desideravamo uscire dalla rosa dei nomi comuni che suonavano banali… Un giorno un mio amico mi disse: “Scusa, ma il negozio sei tu… chiamalo Gli occhiali di Anna… Cosa c’è di meglio?!”. Dopo una risata abbiamo capito che era il nome giusto per il mio store!
DIETRO A QUESTO NOME C’È ANCHE LA VOLONTÀ DI OFFRIRE UNA TUA SCELTA CHE NON SI BASA SOLO SULL’ISTINTO NEL SELEZIONARE I PRODOTTI, MA ANCHE SULLA TUA PROFONDA EXPERTISE CHE TI PORTA AD ABBRACCIARE UN VASTO PUBBLICO…
Sì, occupandoci della correzione dei diversi difetti visivi, veniamo in contatto con diverse persone, ciascuno con la propria peculiarità e storia. Cerchiamo sempre di proporre quello che più ci caratterizza: prodotti innovativi, di ricerca e unici. Credo che ogni persona sia unica e trovare il giusto accessorio, cioè l’occhiale in questo caso, che aiuti a gestire meglio la quotidianità è fondamentale.
COME SEI ARRIVATA ALL’OTTICA? SEI FIGLIA D’ARTE?
No, i miei genitori non appartenevano a questo mondo. Sono arrivata casualmente: abitavamo a Roma e per motivi di famiglia ci siamo trasferiti a Sora, dove non conoscevo nessuno. Ho iniziato quindi a lavorare in questo settore e, fin da subito, mi ha particolarmente affascinato. Devo dire che il rapporto con il pubblico mi ha sempre coinvolto, il prodotto mi ha affascinato fin da subito e il lavoro mi riusciva bene… ho quindi iniziato a specializzarmi nel settore.
TRA L’ALTRO ERI GIOVANISSIMA…
Sì, avevo 18 anni.
QUINDI, POTREMMO DIRE, CHE È IL LAVORO CHE TI HA SCELTA!
Esattamente!
A QUELL’ETÀ SI HA ANCHE IL DILEMMA SU COSA SI FARÀ NEL FUTURO…
Sì, poi, in più mi ero trasferita da una grande città come Roma in una cittadina, grande come un quartiere della capitale. La mia forza di volontà nel cercare di vivere al meglio quello che stavo vivendo mi ha portato a crescere all’interno di questo progetto.
QUINDI HAI FATTO IL PERCORSO CONTRARIO: HAI INIZIATO PRIMA SUL CAMPO E POI HAI STUDIATO PER DIVENTARE OTTICO OPTOMETRISTA?
Sì, ero una maestra e grazie, a questa esperienza, ho iniziato a studiare ottica, contattologia e a fare corsi di specializzazione. Avere concluso il percorso di quelle che allora erano le scuole Magistrali, insieme alla mia passione per la psicologia, mi ha aiutato a svolgere al meglio la mia professione. Una parte fondamentale del nostro lavoro è entrare in empatia con i clienti e capire chi abbiamo di fronte: riuscire a instaurare un rapporto di fiducia reciproca nelle prime parti di un incontro lavorativo, in questo caso, è fondamentale. La capacità di riuscire in questo credo di averla portata come bagaglio culturale dalla prima esperienza. Capire che dall’altra parte c’è una persona che ti segue e ti consiglia per trovare la soluzione visiva migliore è fondamentale.
QUANDO È ENTRATO TUO FRATELLO NEL TUO STAFF?
Subito.
QUINDI DA ‘FAMIGLIA’ SIETE DIVENTATI ANCHE ‘FAMIGLIA LAVORATIVA’. COME È AVVENUTA LA DIVISIONE DEI COMPITI?
Credo che siamo stati ‘bravi’ entrambi: essendo uomo e donna, abbiamo capito in maniera silente quali fossero i nostri rispettivi ruoli. Non ci siamo mai accavallati e ciascuno è stato molto paziente con l’altro. Personalmente mi occupo della ricerca e della scelta dei campionari e del rapporto immediato con il pubblico, mio fratello Luigi è fondamentale nell’occuparsi della parte più tecnica relativa agli occhiali e nella parte informatica. Il nostro lavoro parte da me ma in realtà anche da lui e dalla nostra collaboratrice, ma è lui a chiudere il cerchio! Mio fratello è una figura assolutamente indispensabile per il centro ottico.
LAVORARE INSIEME È ANCHE UN’OPPORTUNITÀ PER FREQUENTARSI…
Assolutamente sì. I nostri genitori sono scomparsi da tanto tempo e mi ricordo che le ultime parole di mio padre furono che avremmo dovuto volerci bene. Quindi questa cosa ha fatto sì che iniziassimo e continuassimo a lavorare bene insieme.
NON È UN FATTO SCONTATO…
No, per niente. Sono stati bravi anche i nostri partner perché hanno capito che quello che regola il nostro equilibrio è quello che poi fa andare avanti tutto. Non abbiamo avuto alcuna interferenza da parte loro.
ACCENNAVI DI AVERE INTRAPRESO UN PERCORSO FORMATIVO ANCHE NELL’AMBITO DELLA CONTATTOLOGIA: CE LO RACCONTERESTI?
Sì, ho seguito dei corsi con uno dei contattologi che, a mio parere, è il più capace nel trasmettere le sue competenze tecniche: Stefano Lorè. Mi ha avvicinata al mondo della contattologia in maniera professionale, seria e competente.
QUAL È IL TUO APPROCCIO NEI CONFRONTI DI QUESTA MATERIA?
Oggigiorno è diventato difficile. Per fortuna, arrivo da una scuola dove ci è stato insegnato a seguire le persone istruendole sull’utilizzo della lente a contatto, facendo l’applicazione tradizionale dall’inizio alla fine: dalla misurazione all’applicazione, al controllo del movimento della lente, fino alla definizione del prodotto finale. Mi occupo anche dell’educazione del porto della Lac e dell’istruzione su come trattarle e degli accorgimenti necessari per stare bene con le lenti.
SIAMO IN UN MOMENTO DI TRASFORMAZIONE, IN CUI LA VELOCITÀ DEI CAMBIAMENTI IN ATTO È AUMENTATA GRAZIE A UNA SERIE DI ELEMENTI QUALI LA DIGITALIZZAZIONE. SE DOVESSI ATTUARE UNA STRATEGIA, QUAL È L’ELEMENTO IRRINUNCIABILE PER L’OTTICO DEL FUTURO PER POTER MANTENERE UN POSIZIONAMENTO SUL MERCATO?
Il carattere. Non dobbiamo farci annientare dal web, che è presente in tutta la nostra quotidianità, inclusi gli occhiali. Noi ottici abbiamo la competenza, uno studio alle spalle abbinato agli aggiornamenti, e, in più il mio negozio è anche un Vision Expert ZEISS, traguardo ottenuto grazie alle competenze specifiche e importanti. Sono competenze che non ti dà il mondo del web, in alcun modo. Dobbiamo creare un tappeto tra noi e le persone che si rivolgono a noi perché devono capire che ci sono delle competenze che si devono rispettare e seguire. Indubbiamente i social sono fondamentali per un approccio con gli altri e ci permettono di venire in contatto con un pubblico più ampio rispetto a quello che, magari, verrebbe fisicamente da noi. Ci sono determinati canoni e regole da rispettare!
AD ESEMPIO?
Nel mio negozio non puoi scattare foto con gli occhiali fino alla scelta definitiva della montatura per un semplice motivo: trattiamo tutti prodotti unici e se ti identifico con un paio di occhiali è perché penso che siano adatti alla tua persona; chi viene e vuole fare una foto per mostrare la montatura a un’amica, un parente non presente, ha un risultato non veritiero perché magari viene male, non ha la luce giusta, perde le proporzioni, cambia colore… E poi con un occhiale è bello anche sentire l’esperienza tattile. Ad esempio, la montatura che ho in mano è un occhiale di ricerca.
CHE MARCA È?
LAPIMA, marchio brasiliano che realizza manualmente i suoi occhiali attraverso una serie di passaggi artigianali. Il mio compito è trasmettere al cliente le qualità del marchio argomentando la scelta: ad esempio, gli occhiali di questa collezione riprendono i colori della foresta brasiliana. Quando presento un paio di occhiali devo portare il cliente ad amarlo, come ho fatto quando l’ho scelto. Quando lo indosserà capirà che ha sul viso un prodotto prezioso, con una storia.
PARLAVI PRIMA DELL’IMPORTANZA DELLA CAPACITÀ PSICOLOGICA DI CAPIRE COME TRATTARE I PROPRI CLIENTI…
Non devi stancarlo e non devi stressarlo; deve capire immediatamente che di fronte ha una persona con competenze, e la tua competenza sta anche nel trovare il suo occhiale, senza proporre un’infinità di montature. Nel nostro negozio abbiamo un’ampia scelta sia per le persone che desiderano soluzioni più semplici, sia per coloro che amano gli occhiali più elaborati. Devo capire il mio cliente subito e nei primi occhiali che propongo ci devono essere quelli che sceglierà; se non dovessi riuscire nel mio intento, vorrebbe dire che non ho svolto bene il mio lavoro. Riconosco che la mia è anche una capacità istintiva. Ho fatto diversi corsi di aggiornamento in cui veniva raccontato il percorso che sono abituata a fare, ma riconosco che sia importante indicarlo per coloro che non hanno questa ‘capacità’.
IL VOSTRO È UN LAVORO MOLTO COMPLESSO CHE RICHIEDE GRANDE PREPARAZIONE, UN IMPEGNO IN TERMINI DI ORE ALL’INTERNO DEL NEGOZIO. TORNANDO INDIETRO, RIFARESTI QUESTA STRADA?
È un coinvolgimento che include tante sfere della vita, anche quella economica: scegliere prodotti che non sono ‘comuni’ implica una responsabilità e la speranza che tutto quello che hai fatto arrivi a essere apprezzato. Abbiamo una responsabilità importante: dobbiamo essere il tramite affinché le persone vedano bene e, per arrivare a questo punto, dobbiamo scegliere prodotti di qualità che implicano una ricerca di base e la capacità di dare la giusta presentazione e alla fine fare apprezzare ciò che le persone hanno davanti agli occhi. Oltre al web, siamo contrastati da coloro che vendono a poco prezzo e svendono quello che dovrebbe essere una professione importante.
ULTIMA DOMANDA: CI SONO TANTISSIMI GIOVANI CHE SI STANNO FORMANDO PER DIVENTARE OTTICI E, POSSIAMO IMMAGINARE, CHE NON TUTTI DIVENTERANNO IMPRENDITORI. TU CHE HAI INIZIATO DA OUTSIDER E TI SEI TROVATA A FARE E AMARE UN LAVORO CHE NON AVRESTI MAI PENSATO DI FARE, CONSIGLIERESTI DI FARE L’IMPRENDITORE O ESSERE DIPENDENTI?
È difficile dare un input unico perché bisogna prima di tutto analizzare sé stessi e capire se si ha la forza e il coraggio di gestire 24 ore su 24 questa attività, che implica un coinvolgimento mentale, fisico ed economico. Chi capisce che la vita da dipendente è più consona per lui, cerchi un posizionamento regolare e tranquillo; chi si sente invece di potersi rapportare con un coinvolgimento importante sotto le sfere che abbiamo analizzato prima, ben venga! Ci tengo a dire che mi piace molto rapportami con i giovani perché sono una parte fondamentale della nostra crescita. Dobbiamo quindi ascoltarli e averli intorno perché sono una grande risorsa per tutti quanti!
Ph. Guido Stazzoni
Paola Ferrario