Angiolucci Occhiali – La famiglia Angiolucci – Padri e figli a confronto

Aldo, Andrea, Fabio, Francesco, Martina e Paolo Angiolucci. Due generazioni di ottici si raccontano.

Angiolucci-Occhiali-La-famiglia-Angiolucci-Padri-e-figli-a-confrontoL’intervista che troverete in queste pagine è un po’ diversa e meno intima rispetto a quelle che siamo abituati a realizzare perché, in via del tutto eccezionale, abbiamo voluto rispettare il credo di una famiglia che da 65 anni è schiva ai media e alla pubblicità: gli Angiolucci.
Angiolucci Occhiali è oggi una realtà che deve il suo successo al lavoro e alla determinazione dei fratelli Aldo e Fabio che detengono pariteticamente il pacchetto azionario.
L’azienda è stata fondata nel 1948 dai loro genitori Walter e Edy ma è dal 2005 che è stata formata la nuova compagine societaria caratterizzata dalla scissione dei fratelli.
Attualmente il gruppo vanta 14 punti vendita dislocati nella Sicilia orientale dove lavorano 90 addetti e tutti i membri della famiglia.
Da qualche anno Aldo e Fabio sono infatti affiancati da Martina (fi glia di Aldo che ricopre il ruolo di buyer), e dai fi gli di Fabio: Andrea, che lavora a direzione fi nanziaria e acquisti, Francesco, dedito all’amministrazione e Paolo, responsabile del personale e del marketing.
Siamo andati a trovarli a Catania nel loro storico negozio di via Gabriele D’Annunzio: mille metri quadrati dedicati al mondo dell’ottica disposti su 3 piani di cui 2 incastonati nell’antica colata lavica del 1693. Nella giornata trascorsa insieme ci hanno raccontato il loro viaggio nel mondo dell’ottica, la loro visione e il rapporto privilegiato con Sama Eyewear.

Nel 2005 avete reimpostato la strategia aziendale che vi ha portato, nel giro di tre anni, a riconquistare la leadership nella Sicilia orientale con quattordici punti vendita di proprietà per un fatturato di nove milioni di euro. Quali sono state le tappe fondamenti del vostro sviluppo?
Aldo Angiolucci. La tappa fondamentale del nostro sviluppo è legata all’apertura di sei centri commerciali di grandi dimensioni nella Sicilia orientale tra il 2006 e il 2012. Questo fatto ha determinato un cambio nel rapporto densità della popolazione e centri commerciali, ponendo la Sicilia orientale al secondo posto nella classifica europea. Per mantenere la nostra quota di mercato non avevamo altra scelta che entrare nei quattro centri commerciali più prestigiosi.

Qual è la filosofia base della vostra società?
Andrea Angiolucci. La base è il servizio al cliente, sia che si tratti di occhiali predisposti sia che si tratti di brand top gamma. Consideriamo “servizio al cliente” anche la grande preparazione tecnica dei nostri collaboratori, quasi tutti diplomati in ottica e costantemente aggiornati con corsi di formazione.

Nel vostro sito c’è una dichiarazione forte: “Abbiamo cambiato le regole nel mondo dell’ottica”. Ci spiegherebbe come?
Fabio Angiolucci. Avremmo dovuto dire “abbiamo riconfermato le regole dell’ottica”. Il mercato dell’ottica ha subito un continuo regresso nell’immaginario dei nostri potenziali clienti. L’acquisto di un occhiale era un momento importante dove in una famiglia si decideva l’ottico a cui affidarsi sapendo che a fronte della qualità ne sarebbe scaturita una spesa più o meno importante. Negli ultimi venti anni, l’attenzione dei clienti si è spostata dall’occhiale come mezzo visivo ad oggetto di moda, tanto che questo secondo aspetto ha prevalso sul primo. Credo che le responsabilità siano da addebitare agli ottici, alle aziende e a un titolo di studio anacronistico come un diploma piuttosto che una laurea. Gli ottici sono numericamente cresciuti grazie a scuole spesso senza scrupoli; senza una cultura professionale e commerciale troppi negozi di ottica hanno puntato sullo sconto, arma che, come era facile intuire, è risultata perdente.
Le catene di ottica a loro volta hanno selezionato ottici spesso impreparati per cui hanno dovuto compensare con offerte commerciali sempre più esasperate. A questo punto, stretti tra ottici singoli e catene, molti ottici, se pur seri e preparati, hanno dovuto adeguarsi alle promozioni; ciò che è peggio non è stata la flessione degli incassi ma il fatto che i clienti abbiano ormai la convinzione che per un occhiale si possa spendere pochissimo e che a fronte di una spesa irrisoria, il prodotto sia in ogni caso di buona qualità perché sdoganato da negozi con marchi importanti.
Il loop è perverso: poche scuole di qualità ed ottici impreparati sia sul mercato privato che nelle catene, aziende che hanno continuato a fornire chiunque anche se il loro prodotto veniva svenduto o regalato, pubblicità martellante… i clienti hanno quindi perduto il senso della qualità a favore del risparmio che tra l’altro, in questi ultimi anni, è diventato ancora più necessario. Nel contempo, molte aziende hanno abbassato la qualità del prodotto sino a livelli indicibili: cerniere in plastica, iniettati della peggiore specie, plastiche al posto dell’acetato di cellulosa… Pensiamo che un cliente che acquista in un negozio di ottica non si renda conto prima o poi di aver comprato un prodotto scadente? Abbiamo perso il rispetto per il cliente ed è quindi facile intuire che veniamo ripagati dal mercato per quanto abbiamo dato e stiamo dando. L’ottico una volta era un selezionatore di qualità e con la propria esperienza garantiva il prodotto, oggi dobbiamo vendere quello che il mercato ci impone: ci è stato tolto il libero arbitrio e alla fine il mercato ne risente. Non parliamo poi del mondo dei predisposti e del mercato degli occhiali da sole che in mano alle blogger ci allontanano dai nostri fornitori abituali abbassando ancora di più il livello di servizio che riusciamo a dispensare ai nostri clienti. È evidente che quella degli ottici non è una categoria ne forte ne preparata, per cui non riusciamo a contrastare il mercato dei predisposti con nuove leggi che salvaguardino i nostri clienti e il nostra potenzialità. La soluzione dovrebbe passare attraverso una nuova legge che chiarisca bene al consumatore cosa e perché si debba comprare dall’ottico. Faccio un’ultima considerazione a mio avviso determinate: il problema della distribuzione agli scontisti, del mercato parallelo, delle vendite in farmacia, in edicola, al supermercato si risolveranno quando le grandi aziende comprenderanno quanto mercato stiamo perdendo. Al momento le grandi aziende chiudono ogni trimestre con sempre maggiori successi quindi non avendo fornitori e ottici le stesse necessità, non combattiamo la stessa battaglia. Alla sua domanda avrei però potuto rispondere in modo molto più sintetico: la qualità.

Qual è il comune denominatore dei vostri 14 negozi?
Francesco Angiolucci. Sicuramente la qualità, sia che si tratti di qualità nell’immagine, nel prodotto, nel servizio.

Chi è lo studio che ha creato il design dei vostri punti vendita?
Paolo Angiolucci. Abbiamo collaborato con Fabrizio Antonuzzi di Negozi di Brescia, progettando di concerto per circa un anno la nuova immagine dei nostri punti vendita.

Quali tipi di brand vendete?
Martina Angiolucci. Abbiamo un’offerta molto ampia tra i brand più commerciali ma, ci siamo sempre distinti per la ricerca di prodotti di tendenza, collezioni innovative e di nicchia.

In questo numero pubblichiamo una serie di interviste alle aziende che hanno partecipato a `Out of Mido’. Abbiamo chiesto qual è l’attuale percezione dell’occhiale di design. Data la vostra leadership in Sicilia, ci racconterebbe come vivono questa categoria i consumer della vostra regione?
Aldo Angiolucci. La nostra famiglia ha costruito in oltre 65 anni di attività in questo territorio una cultura di “occhiali di qualità” selezionando per le montature aziende che proponevano collezioni dalla forte personalità, e per le lenti aziende ad alto contenuto di professionalità come Zeiss a cui siamo legati da una eccellente partnership.

Quali i prossimi obiettivi?
Fabio Angiolucci. È per tutti un periodo difficile e denso di cambiamenti.
Ci troviamo davanti un mercato intimorito da un malessere generale indipendente dal potere d’acquisto dei nostri clienti. Per questo motivo, siamo molto ottimisti perché siamo certi che la fascia medio alta del mercato che negli anni abbiamo fidelizzato, ritroverà a breve l’entusiasmo per investire nella propria salute, selezionando i fornitori di qualità.

Da 20 anni avete una forte liason con il marchio Sama. Come è nata e come si è sviluppata negli anni?
Aldo Angiolucci. Collaboriamo con Sama da circa 20 anni. Ci incontrammo al Mido e restammo affascinati non solo dalla qualità e dal design del prodotto, ma per il coraggio proposto dalla filosofia “no logo” in un momento in cui il mercato vendeva solo prodotti firmati. Ci entusiasmò la sfida di portare in Sicilia un’eccellenza americana esclusiva. La vendita di ogni singolo occhiale Sama passa attraverso una presentazione che affascina i clienti in ogni minimo dettaglio.

Quali sono i valori che vi accomunano?
Andrea Angiolucci. Sicuramente il marchio Sama si può definire un’eccellenza a livello mondiale e siamo orgogliosi di avere questa collezione da proporre ai nostri migliori clienti. Sama, come noi, ha grande rispetto del mercato, dei clienti e ha la sensibilità di cogliere le tendenze sul nascere, anzi di fare tendenza. Punto di forza del rapporto che ci lega è l’estrema correttezza commerciale di questo gruppo.

Durante lo scorso Mido siete stati gli unici ottici ad essere invitati all’esclusiva cena di Sama al Four Seasons Hotel di Milano, evento celebrato insieme anche alla nota blogger Chiara Ferragni. Un ulteriore segno di questo rapporto duraturo…
Paolo Angiolucci. Chiara Ferragni rappresenta un buon esempio di comunicazione innovativa e Sheila Vance e Ross Vance sono sempre molto attenti a cogliere questo tipo di segnali. Il loro invito ci ha molto lusingati e premia la storia del nostro rapporto pronto a proseguire con la terza generazione di Angiolucci. Siamo convinti che il meglio debba ancora venire!