Burnout da Smart Working.

La rivoluzione sociale della pandemia da COVID-19 ha coinvolto molteplici ambiti, stravolgendo le abitudini di tutti, dai più piccoli agli anziani. Il mondo del lavoro è stato estremamente danneggiato economicamente, ma c’è anche un altro aspetto che è cambiato drasticamente ed è diventato una nuova modalità: il lavoro agile da casa, lo smart working. Lavorare da casa offre sicuramente dei vantaggi, come l’alzarsi più tardi, il poter stare con i figli se sono a casa, e in un primo momento è stato accolto con tanto entusiasmo, ma a lungo andare questa modalità di lavoro può creare pesanti disagi psicologici. Tra questi il burnout, una sorta di esaurimento nervoso causato da un eccessivo carico di stress. Le stime non sono rassicuranti: con l’avvento dello smart working le persone colpite da esaurimento nervoso sarebbero aumentate del 20%, con 2 lavoratori su 3 (ovvero il 69% dei lavoratori) che soffrono di burnout. Il disagio psicologico è quindi in aumento con il lavoro da casa. Il burnout è uno stato di esaurimento sia dal punto di vista emotivo che fisico.
Questo tipo di terminologia venne utilizzata per la prima volta negli anni 70, era legata alle professioni di aiuto, ovvero quelle professioni sanitarie e assistenziali a contatto con le persone fragili o malate, oppure per professioni deputate alla sicurezza pubblica e alla gestione delle emergenze, inizialmente identificate come le più esposte a prolungati stati di stress. Con il passare degli anni l’esaurimento nervoso da stress lavorativo non è più solo legato a questi ambiti, ma si può verificare in qualsiasi occupazione, in condizioni di forte pressione psicofisica. Nel 2019, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito il burnout nella lista dell’International Classification of Diseases (ICD), definendolo come una sindrome conseguente allo stress cronico mal gestito e uno dei fattori che influenzano lo stato di salute o che portano al contatto persistente con i servizi sanitari.
Il burnout, nella sua definizione originale, deriva dalla percezione di uno squilibrio tra le richieste lavorative e le risorse disponibili. Per quanto riguarda il caso specifico di burnout legato allo smart working, esistono due principali cause scatenanti: l’incapacità o l’impossibilità di disconnettersi dal lavoro; e l’incapacità o l’impossibilità di avere orari precisi di attività lavorativa, come in ufficio. Le ultime ricerche hanno rilevato, infatti, che per coloro che lavorano da casa, la giornata lavorativa si allunga, in media, da 2 a 4 ore, si moltiplicano le riunioni (online call meeting), anche se in “apparente” comoda modalità virtuale e soprattutto si aumenta a dismisura la propria reperibilità anche molto al di fuori dall’orario di lavoro, rispondendo al cellulare, chattando su WhatsApp o inviando mail.
Gli unici vantaggi sono di tipo economico: si viaggia di meno e di conseguenza si risparmia sul carburante per l’auto, sui biglietti aerei o dei treni, apparentemente si risparmia anche tanto tempo, ma non è proprio così. È in forte aumento il consumo di farmaci antidepressivi e di antinfiammatori per combattere mal di schiena e dolori cervicali, e ciò che prima si spendeva in aperitivi al bar (socialità) ora si spende regolarmente in farmacia. Tutto questo genera di fatto una reale impossibilità di staccarsi dal lavoro e difendere i propri spazi personali, andando a generare forte stress e nel lungo periodo provocando un esaurimento delle risorse e delle energie psicofisiche. Le sensazioni più comuni che possono fare pensare a un disturbo di questo tipo sono la presistente sensazione di stanchezza, il distacco emotivo, la mancanza di motivazione e una visione cinica nei confronti del proprio lavoro. Per chi pratica lo smart working inoltre, è in agguato anche il rischio di non riuscire più a separare l’ambiente lavorativo dall’ambiente casalingo, scombinando il delicato equilibrio tra la vita famigliare, gli affetti personali, gli amici e il lavoro.
Secondo Ruth Cooper Dickson, docente di Psicologia positiva alla East London University, l’esaurimento nervoso nel campo del lavoro si manifesta in tre modi: livelli di energia bassi e sensazione di costante sfinimento (non si riesce a recuperare energia); disimpegno nei confronti del proprio lavoro (insoddisfazione professionale); autoefficacia professionale molto ridotta (scarsa capacità di rimanere concentrati). L’esercizio fisico è un ottimo alleato nella prevenzione del burnout da smart working e nel combattere lo stress. Allenarsi o almeno rimanere fisicamente attivi è essenziale per rilasciare dopamina e serotonina, che aiutano, migliorando l’umore e la qualità del sonno oltre a ridurre drasticamente i livelli di stress.
L’ideale sarebbe allenarsi per brevi periodi più volte al giorno e trovare un tipo di allenamento che piace e da soddisfazione è fondamentale, poiché aiuta a rimanere costanti e stabili emotivamente e spinge a ritagliarsi del tempo per mantenersi attivi tutti i giorni (la routine positiva). Che si tratti di camminare attorno al proprio quartiere, di ballare in salotto, fare yoga in cucina o praticare pilates in camera da letto, fare attività fisica tutti i giorni produce benefici enormi sulla salute psicologica. Sfruttare questa opportunità per stare meglio è particolarmente importante, specialmente in questo momento storico così pesante e complesso. Purtroppo lavorare da casa induce a un minore movimento, ma per prevenire il sopraggiungere di forte stress e disturbi piscologici, è necessario fare movimento: esistono molti esercizi fisici da provare mentre si lavora da casa che aiutano a prevenire il burnout e migliorare la propria salute e la produttività. Lo yoga è la pratica preferita dagli italiani per gestire lo stress lavorativo, seguita dal pilates e dagli esercizi con cyclette o su tapiroulant.
Tutti queste sono attività fisiche che possono essere praticate a casa e possono essere la soluzione ideale per chi vuole esercitarsi in maniera semplice e veloce, ma efficace, al termine di una stancante giornata lavorativa o per iniziare al meglio la nuova.