Captatio benevolentiae

captatio-benevolentiae_platform_optic

L’importanza di un buon inizio! “Chi ben comincia è a metà dell’opera” il motto che spiega come fin da subito il giudizio di chi ci sta di fronte possa essere pronto a massacrarci o a promuoverci.

In questa nuova puntata dedicata, come sempre, all’aiuto che la comunicazione può garantire a chiunque sia impegnato nella vendita, vorrei soffermarmi qualche minuto sull’interpretazione moderna di un sano e vecchio concetto ciceroniano: la captatio benevolentiae.
Ne ricordate il significato? Il vecchio rètore latino studiò con attenzione la dinamica della retorica in pubblico e giunse per primo alla conclusione che, per fare un’ottima impressione sul proprio pubblico, fosse necessario riuscire a carpire la benevolenza di chi ascolta nei primissimi istanti dello speech.
Questa teoria non ha più la possibilità di essere messa in discussione, visto che è stata confermata in tutti i modi da mille scuole di pensiero. Il problema è: come si fa? E che senso ha oggi in vendita la captatio benevolentiae?
Il motto popolare “Chi ben comincia è a metà dell’opera” ci aiuta un po’ di più a capire che fin da subito il giudizio di chi ci sta di fronte è pronto a massacrarci o a promuoverci.
Oggi, la neuroscienza sta aprendo nuovi orizzonti su quel meccanismo inconscio che porta a un pre-giudizio e queste dinamiche sono alquanto più complicate di quanto ci aspettassimo, psicologi compresi. Tuttavia, non sono impossibili da governare e questa ritengo sia un’ottima notizia.
In un periodo storico in cui vendere pare diventata una delle attività commerciali più difficili di sempre, qualunque freccia al mio arco può portarmi un vantaggio. Dunque, perché non esplorare anche questa dinamica e constatare, fatti alla mano, se arreca vantaggi alla mia vendita? La cosa certa è che oggi la tecnica per acquisire la captatio benevolentiae è ben diversa. Ieri si faceva un complimento in pubblico o una “lisciata”, come direbbe oggi un giovane smaliziato.
Oggi è ben diverso. Il consumatore è più accorto e ancora più esigente. Ciò nonostante, qualsiasi venditore può controllare il proprio linguaggio del corpo, quella parte di comunicazione che abbiamo definitivo in passato come Comunicazione Non Verbale e che, ricordo, impatta sull’altrui attenzione per ben il 55%!
L’assertività ci insegna ad accogliere chiunque abbiamo davanti con un sorriso. Il più trasparente e sincero possibile. Anche quando è difficile e non ne abbiamo voglia, conviene sempre. Il sorriso arriva non solo alla razionalità di chi abbiamo di fronte ma anche al suo inconscio: questa è la chiave.
Ovviamente il sorriso non basta. Sarebbe troppo facile altrimenti. Un atteggiamento solare e ben disposto verso l’altro è il secondo step utile per entrare in connessione con l’altro.
Questa connessione ha un nome preciso: empatia. Deriva dal greco e significa “provo la tua stessa passione” (en-pathos). Ci sono persone più dotate di neuroni specchio e altre meno, ma tutti possiamo provare empatia verso l’altro.
L’empatia ha un vantaggio enorme, agevola l’immedesimazione: dunque è utile a entrambi, il venditore e il cliente.
Soprattutto il cliente che entra per lamentarsi di un prodotto o di un servizio, per prima cosa, deve assolutamente essere accolto assertivamente. L’empatia sarà difficile da instaurare con quella persona che certamente porta con sé un carico di rabbia e di difese naturali notevoli.
a, mettendoci impegno e apertura comportamentali, l’empatia affiorerà in superficie. Terzo step, evitare sempre le negazioni, soprattutto in principio di frase! Citazioni come: “No, signora, guardi, forse non ha capito…” oppure “Non ha capito, signore, io le avevo detto che…” non solo non servono a nulla, ma ci creano anche altre barriere psicologiche che il cervello altrui erige nei nostri confronti. A quel punto diventerà sempre più difficile sfondare quel muro.
Quarto step: evadere, confondere. Ovvero, si direbbe in psicoterapia, rompere uno schema. Sconvolgere un modello, anche linguistico. Senza accorgersene, le persone utilizzano determinate parole non a caso.
Dall’analisi di quelle parole possiamo sapere molto di più del loro semplice e intuitivo significato. Un cliente che dice: “Guardi, insisto, questi occhiali mi creano un cerchio alla testa, un vero e proprio peso. Sono insopportabili.” non potrà mai essere convinto del contrario. Dunque, agire di conseguenza: cambiare strategia, accogliere il problema, utilizzare la parola “peso” e rivolgerla in positivo. Il cervello altrui riconoscerà, così, nella vostra linguistica le stesse leve che gli sono proprie e aprirà le porte alla comprensione, all’abbassamento delle barriere e all’empatia.
Sottolineo: non è che i problemi si risolvono così e basta. Sarebbe troppo facile. Ma questa è una tecnica sperimentata milioni di volte in tutto il mondo e rappresenta ai miei occhi una freccia in più, di cui oggi i nostri archi hanno vitale bisogno. Comunicate, gente.
Non è mai abbastanza!

Tratto da “Occhio, ti manipolo!” di Roberto Rasia dal Polo www.RobertoRasia.it