Clubhouse e la dannazione della curiosità.

 

Roberto Rasia.

Fondato durante la pandemia negli USA, il nuovo social è destinato a cambiare la comunicazione. Sfonderà anche nell’Ottica?

STANNO TUTTI IMPAZZENDO PER L’ULTIMO SOCIAL NETWORK DI TENDENZA, CLUBHOUSE. SI TRATTA DI UNO STRUMENTO NUOVO IN UN SOLCO VECCHIO, MA ESSENDO DIVERSO DA CIÒ CHE ESISTEVA PORTA CON SÉ INNOVAZIONI NON DEL TUTTO SCONTATE.

Stanno tutti impazzendo per l’ultimo social network di tendenza, ClubHouse. Si tratta di uno strumento nuovo in un solco vecchio, ma essendo diverso da ciò che esisteva porta con sé innovazioni non del tutto scontate.

Innanzitutto, per chi di voi non se ne fosse ancora innamorato definiamolo: si tratta di una piattaforma social basata unicamente sull’aspetto vocale.

Ovviamente americano, neanche a dirlo, fondato nel marzo 2020 durante la pandemia, arrivato in Italia a fine 2020 ed esploso fra gennaio e inizio febbraio (momento in cui sto scrivendo questo articolo). Le persone si iscrivono gratis e partecipano come uditori ad alcune stanze tematiche.

Alzando la manina, possono poi intervenire dicendo la loro. Niente di che? Beh, insomma, ragioniamoci un attimo e cerchiamo di capire se possa avere un senso, nel vostro settore, avvicinarsi a questo social. Intanto non si era mai visto un social network senza foto, video e neppure la possibilità di scrivere. 

Sì, perché di solito ci sono messaggi che rimangono nel tempo, che fanno discutere, che vengono commentati o condannati. Qui no, è una via di mezzo fra la radio e un podcast. Bisogna avere qualcosa da dire ovvero un contenuto, capacità di dirla (non scontata ma interessantissima per noi che affrontiamo quotidianamente il pubblico) e, purtroppo, tempo. Chiunque sia iscritto può creare una room ovvero una stanza tematica, dandole un titolo.

Ipotizziamo un titolo per voi cool nel senso di acchiappa-attenzione: OTTICA, quale futuro? Il richiamo è rivolto a tutti gli ottici che nel momento in cui attivate la room sono sulla piattaforma. Attirati dal titolo, potrebbero decidere di cliccare sulla room ed entrarvi.

A quel punto sono listeners ovvero ascoltatori, mentre voi che avete creato la stanza siete moderator. La discussione presuppone un contenuto, alcune idee fondate, quel qualcosa di sensato da dire che spesso manca sugli altri social e questo è l’elemento forse più distintivo di questo strumento. 

Però, si è andati oltre: essendo social non poteva non essere orizzontale e interattivo. Schiacciando il pulsante della manina – divenuto anche il simbolo-logo di ClubHouse – ufficialmente un ascoltatore chiede di parlare. Il moderator ha tutto l’interesse a far partecipare gli ascoltatori così la sua stanza prende vita, si arricchisce di contenuti e di persone.

Il moderator vede la mano alzata, schiaccia un tasto e trasforma l’ascoltatore in speaker. Fatto, siete in onda, potete parlare, esprimere il vostro giudizio, fare il vostro commento. E se il contenuto è di basso livello, gli altri ascoltatori lasciano la stanza e vi trovate da soli.

Capito il giochino? Sarà che ho fatto 10 anni a Radio24 e 2 nelle radio locali quando ero giovane, sarà che l’aspetto verbale e paraverbale mi ha sempre affascinato, ma io sono rimasto subito colpito dall’innovazione portata sul mercato da questo social, davvero diverso dagli altri.

Quali sono i difetti? Innanzitutto dovete avere qualcosa da dire, se no non fa per voi, a meno che non lo sostituiate alla radio, cioè mentre lavorate o guidate ascoltate passivamente i contenuti, ma in questo caso le differenze con altri media si assottigliano (sebbene ci siano). 

Poi, ci vuole tempo, è decisamente un mezzo time-consuming, non entri su ClubHouse come su Facebook o Instagram per dare un’occhiata, mettere due like e tornare a fare ciò che facevi. Se ascolti, decidi tu il tempo. Se invece crei, necessita minimo qualche mezz’ora.

Un pregio è che è nuovo e in comunicazione tutto ciò che è nuovo è per definizione affascinante. Quando qualcosa di nuovo esplode come nuovo trend, esserci da subito vi dà potenzialmente quel vantaggio competitivo che non è trascurabile. Può esservi utile per il vostro lavoro? Ecco, arriviamo al dunque. 

Premettiamo che in Italia a fine gennaio nessuno monetizzava, nel senso che nessuno era in grado di utilizzare ClubHouse per fare soldi, per ricavarne un margine lecito. Però, ragioniamo sul suo utilizzo. Come sempre per un social, è necessario prima costruirsi la community e poi vendere qualcosa, ammesso che abbiate qualcosa da vendere.

Dunque, nel vostro caso, l’esposizione è doppia: come operatori professionisti del settore, potreste usare ClubHouse per un uso professionale, creando room dedicate all’ottica e rivolte agli ottici. 

Perché non confrontarsi in una stanza con dei colleghi che non conoscete sparsi in tutta Italia (o nel mondo) sul nuovo prodotto X dell’azienda Y? Perché non creare un’opinione, proponendo e caldeggiando alcune vostre tesi? Perché non andare a origliare cosa si dice dell’ottica in giro per il mondo? L’informazione è potere, ricordiamocelo sempre. Secondo aspetto, quello BtoC. Un po’ più delicato in questo caso, perché come sempre bisogna prima intercettare il target e poi proporgli delle soluzioni.

Ecco perché ClubHouse risulta perfetto per quelle professioni basate sulla parola. Per esempio, la politica, la consulenza, il potenziamento personale ecc. Il nostro campo dell’ottica è basato sì sulla parola ma anche (e soprattutto) sull’immagine. Posso venderti un occhiale o una lente a contatto senza fartela vedere?

No. Però potrei darti dei consigli su come utilizzare i tuoi occhiali o le lenti e, se lo faccio via Facebook, devo postare una scritta corredata di foto o video.

Se riesco a farlo su ClubHouse, potrei parlare direttamente a un consumatore che non conosco. E qui le cose si fanno interessanti. Nato in un momento in cui eravamo tutti distanziati e in cui sono aumentate le chat e le telefonate, questo social si propone di connettere persone che abbiano qualcosa da dire e che vogliano ascoltare qualcosa di sensato.

Potreste iniziare creando un appuntamento settimanale – per esempio il mercoledì a pranzo o dopo cena – dedicato a “Consigli di un ottico”, cioè creare consenso, creare una community, con il vantaggio che non dovreste tenere una conferenza di un’ora, ma fare voi il primo intervento di qualche minuto e poi trasformare in speaker qualche ascoltatore che sicuramente sarà stato attratto dal vostro tema. Credetemi, è più facile farlo che dirlo e vale la pena provarlo.

È faticoso? Sì. Necessita tempo? Sì, un po’ sì. È più facile mangiare patatine fritte sul divano? Decisamente sì. Ma essere i primi ottici su ClubHouse e chiedere a tutta la vostra clientela di collegarsi con voi il mercoledì a pranzo o dopocena potrebbe essere quello strumento di fidelizzazione di cui abbiamo tutti sempre più bisogno. C’è un altro elemento, poi, che mi è molto caro: la curiosità. Qualche volta negli anni passati ne abbiamo parlato, ma mai abbastanza.

Nel 2005 il cofondatore di Apple Steve Jobs tenne un famoso discorso all’Università di Stanford, durante una sessione di laurea, che trovate facilmente su Youtube. Un discorso bellissimo, ispirato, visionario. La chiusura di quel discorso divenne virale. Citando una rivista, The Whole Earth Catalog, Steve Jobs spinse tutti i ragazzi che aveva davanti a “Stay hungry. Stay foolish” ovvero a rimanere affamati di conoscenza e un po’ folli.

Due concetti che si inserivano perfettamente nel discorso che aveva appena concluso, un vero richiamo a non abbandonare la curiosità nella vita per tutto ciò che è nuovo e diverso da noi.

Solo esplorando la novità, la mente può evolvere, in alternativa rimane legata ai medesimi schemi mentali di sempre, finendo di evolvere e rimanendo tristemente a criticare, come fanno molti.

Stay foolish è, infine, un richiamo a quella sana follia, un pizzico di follia la chiamerebbe Erasmo da Rotterdam che in una vita vissuta razionalmente e con la testa sulle spalle serve a mettere un po’ di peperoncino sulla propria esistenza, per colorare la propria vita e coloro che abbiamo intorno. Il fine ultimo è mettere i puntini sulle i. Collegare i puntini che nella vita uno ha tracciato, dando un senso compiuto a ciò che ha fatto sin da quando è giovane. 

Una situazione che non è e non può essere esente dalle immancabili “sporcature” del destino, proprio com’è successo a Steve Jobs. Approfittiamo di questo sempreverde invito per non abbassare la guardia sulle novità, mantenendo il lucido controllo delle nostre azioni e dei nostri giudizi su ciò che affrontiamo e di cui ci vogliamo contaminare. 

È necessario continuare a cambiare, per riuscire a essere sempre all’altezza dei bisogni e delle aspettative dei nostri clienti. Non vorrete mica che il prossimo cliente vi chieda se siete su ClubHouse, scoprendo che ancora non ci siete?

COMUNICHIAMO AMICI, NON È MAI ABBASTANZA!

www.robertorasia.it