Nel cuore di Lucca, Centrottica è diventata un punto di riferimento per la popolazione autoctona e per i turisti. Oggi, alla guida, c’è la seconda generazione. Charles Di Bendetto, un giovane ottico optometrista che, con alle spalle una solida formazione accademica e una passione nata tra le mura del laboratorio paterno, ha saputo coniugare passione e innovazione.
Dalla contattologia specialistica al controllo della progressione miopica dal lavoro con i bambini DSA alla divulgazione scientifica in congressi internazionali, la sua dedizione è ad ampio raggio. Un dialogo schietto che ci restituisce l’immagine di una professione in costante evoluzione, e di chi la vive ogni giorno con entusiasmo e consapevolezza.

“Mio padre ha avviato l’attività di store Centrottica a Lucca nel 1980 e quest’anno celebriamo i nostri primi quarantacinque anni di lavoro: un traguardo importante”.
A parlare è il giovane ottico optometrista Charles Di Benedetto. Classe 1989, ci racconta con orgoglio e consapevolezza il suo percorso nel mondo dell’ottica, iniziato molti anni prima di quanto si possa pensare:
“Frequentavo il liceo scientifico, ma mi accorsi ben presto che la mia vera passione era un’altra. Così decisi di intraprendere la strada dell’ottica professionale. In questo modo, oltre a un risparmio economico, ‘guadagnavo’ soprattutto tempo: avevo già le idee molto chiare. Una volta terminato l’istituto professionale, ho sostenuto l’esame di abilitazione e poi mi sono iscritto al corso universitario di Ottica e Optometria a Firenze. Conseguita anche la laurea, ero davvero pronto per iniziare a lavorare! La passione è cresciuta nel tempo, anche perché sono nato e cresciuto in questo ambiente. Essendo del 1989, ho passato l’infanzia anche all’interno laboratorio di mio padre: avevo una stanzetta tutta mia. Lui non mi ha mai imposto nulla, ma in modo quasi inconsapevole mi lasciava in mano un occhiale, una vitina e mi diceva: ‘Divertiti’. In maniera molto naturale, senza nessun tipo di pressione. La mia passione è nata così, in modo spontaneo e personale. Infatti, mio fratello ha seguito tutt’altra strada: si occupa di musica e produzione a Milano. Questo dimostra che mio padre ci ha sempre lasciati liberi di scegliere. Io, invece, ho deciso di proseguire in questo ambito, e oggi, dopo diversi anni di attività, posso dire di aver fatto la scelta giusta: la passione cresce ogni giorno di più. Ho avuto la fortuna non solo di nascere in questa realtà, ma anche di avere un padre che mi dà piena fiducia. È grazie a lui se posso fare quello che faccio: partecipare a congressi, aggiornarmi, seguire corsi, master, percorsi di alta formazione, sia in Italia che all’estero. Tutto questo è possibile perché mio padre, pur essendo ufficialmente in pensione, continua a lavorare e a supportarmi: mentre sono in giro, si occupa della gestione della struttura e della parte dedicata alla visione. Riusciamo ancora a dividerci bene i compiti e i tempi. Questo mi permette di approfondire continuamente, di formarmi e soprattutto di alimentare ogni giorno la mia passione”.
Oltre all’attività professionale quotidiana, Charles Di Benedetto è anche relatore in convegni internazionali. Al recente congresso di SOPTI ha portato un intervento sulle lenti a contatto cosmetiche, un tema ancora poco esplorato:
“Il comitato scientifico-organizzativo di SOPTI mi ha di trattare le lenti cosmetiche in senso ampio. Ho quindi affrontato l’argomento partendo dalle lenti estetiche – utilizzate da chi non ha problemi visivi, ma desidera semplicemente cambiare il colore dell’iride, magari compensando nel frattempo un difetto refrattivo come la miopia – fino ad arrivare alle lenti a contatto prostetiche, destinate a chi ha problematiche oculari più gravi. Parliamo, ad esempio, di persone che hanno perso la funzionalità visiva di un occhio, ma che conservano ancora il bulbo oculare. Il mio intervento si è quindi sviluppato su questi due fronti. La parte forse più curiosa – che ha suscitato anche un certo interesse – è nata da un’intuizione: ho creato un questionario su Google rivolto direttamente all’utente finale. Mi interessava capire: ma queste lenti sono conosciute? Sono utilizzate? C’è curiosità? C’è scetticismo? C’è timore? Ad esempio, in provincia di Lucca non sono molto diffuse. Lucca è una città famosa per le sue mura storiche, ma forse anche per una certa chiusura mentale… parlo così con ironia, ovviamente: mio padre è spezzino, mia madre è di Pistoia; quindi, – pur essendo nato qui – non sono lucchese doc e posso permettermi di fare qualche considerazione sul “cittadino medio”. Forse non si usano per motivi culturali o psicologici, chissà. Però i turisti e gli stranieri ce le chiedono spesso. Nel questionario ho domandato: le usi? Le hai mai usate? Le conosci? Le trovi pericolose? Le useresti? E ancora: usi lenti a contatto normali? Se non le usi, hai mai pensato di provare quelle colorate? Insomma, tirando le somme: l’interesse c’è, e anche un minimo di utilizzo. Una delle risposte che mi ha colpito di più è arrivata alla domanda: da chi hai conosciuto le lenti colorate? Da un professionista o per iniziativa personale? La nostra professione non è quasi mai emersa, il che fa pensare: forse non le proponiamo, non ci crediamo abbastanza o semplicemente non ci pensiamo. Anch’io, a essere sincero, non le propongo spesso… ma effettivamente potrebbe esserci uno spazio di lavoro e di sviluppo in quest’ambito. Durante l’intervento ho anche mostrato due slide un po’ provocatorie, perché ormai i social sono diventati veicoli di comunicazione tanto facile quanto fuorviante. Ho fatto degli screenshot alla voce hashtag #contactlenses su Instagram: in tre minuti ho trovato contenuti incredibili. Video di ragazze con unghie lunghissime, pinze per dilatare le palpebre, strumenti non professionali per inserire le lenti… La platea è scoppiata a ridere, ma ho precisato che c’è poco da ridere: il rischio maggiore, e forse l’unico davvero grave, è quello di complicanze mediche. Chi non gestisce correttamente una lente a contatto può andare incontro a infezioni anche serie. Quindi ho voluto sottolineare che vanno acquistate presso rivenditori autorizzati. E anche chi le vende o le propone dovrebbe essere un professionista. Se le acquisti in un negozio di costumi di scena, ad esempio, e nessuno ti spiega come usarle, anche se sono lenti CE, certificate e sicure, l’utilizzo scorretto può creare danni seri. La parte più specialistica dell’intervento è stata quella dedicata alle lenti a contatto prostetiche, che ha suscitato grande interesse. Abbiamo esplorato i diversi campi di applicazione: lenti completamente bianche con l’iride colorato, oppure trasparenti ma con l’iride pigmentato, e ancora soluzioni per chi soffre di fotofobia (con iride opaco o forato in modo selettivo). Un esempio classico è il caso del leucoma avanzato, con un occhio ormai opaco e non funzionale, che può creare disagio estetico o problemi come abbagliamento continuo. Anche se l’occhio non vede più, ridare un aspetto naturale attraverso una lente protesica può avere un fortissimo impatto psicosociale: pensiamo a un cinquantenne che perde improvvisamente un occhio. Cambia tutto: la percezione di sé, la vita personale, familiare, lavorativa. Rivedersi “normali” allo specchio, sentirsi a proprio agio con gli altri, riconquistare autostima e sicurezza… è una conquista enorme. E, per chi come noi lavora in questo campo, molto gratificante. Questo è stato, in sintesi, il mio intervento al congresso SOPTI, È stato in linea con il tema generale del congresso, dedicato agli argomenti non convenzionali: aspetti che spesso vengono trascurati o non affrontati abbastanza. Per quanto mi riguarda, ho cercato di portare il mio contributo proprio in questa direzione”.
In base agli ultimi dati diffusi da Assottica in occasione della prima Giornata Mondiale delle lenti a contatto, è emerso che le utilizzatrici sono per il 60% donne. Il riscontro per le lenti cosmetiche, secondo il nostro giovane ottico, è ancora più alto:
“I dati attuali stabiliscono che gli attuali utilizzatori delle lenti cosmetiche sono per il 95% donne. Le cose stanno però cambiando molto velocemente… Dobbiamo ricordare che le lenti cosmetiche, includono sia quelle colorate, sia quelle ‘ludiche’, che vengono utilizzate per occasioni particolari, come feste, eventi… A Lucca, ad esempio, si svolge ogni anno la manifestazione Comics durante la quale la gente si trasveste e le utilizza…” .
In questo mese di giugno Di Benedetto sarà relatore anche al quinto Congresso Mondiale di Optometria negli USA. Durante il quale affronterà un tema di grande attualità il rapporto tra il contattologo e l’intelligenza artificiale nella pratica italiana:
“Il mio intervento mira a delineare un quadro dell’optometria in Italia: cosa è possibile fare oggi, cosa non lo è e quali potrebbero essere gli scenari futuri, che definirei ormai prossimi. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, infatti, nulla esclude che le attuali limitazioni dell’optometrista nel nostro Paese possano in parte essere superate o, quantomeno, riformulate. Non si tratta tanto di fare di più, quanto di farlo in modo diverso, grazie al supporto di tecnologie che possono sopperire a ciò che non ci è consentito svolgere direttamente. Penso, per esempio, alla possibilità di utilizzare strumenti automatizzati per operazioni di screening su larga scala, in modo da individuare precocemente alcune problematiche visive. L’utente potrebbe essere sottoposto a esami preliminari con macchinari in grado di elaborare dati e fornire un primo filtro decisionale: “sì, serve l’intervento dell’oculista” oppure “no, il caso è gestibile diversamente”. Questo approccio permetterebbe di creare una sinergia ancora più efficace con la classe medica, che così potrà concentrarsi su ciò per cui ha studiato: diagnosi mediche, prevenzione e gestione delle patologie. Purtroppo, i dati ci dicono che la maggior parte delle persone si rivolge all’oculista per una “semplice refrazione”. E questo, a mio avviso, è un’occasione mancata, perché l’oculista dovrebbe essere consultato per attività preventive e per affrontare problematiche cliniche. Invece, i pazienti che si presentano con un reale sospetto diagnostico sono pochissimi. La maggioranza si reca dall’oculista per una sola misurazione della vista, spesso ereditando questa abitudine culturale, senza consapevolezza del vero ruolo medico dell’oculista. Noi, come optometristi laureati o diplomati, siamo formati proprio nella misurazione della vista. Perché allora non valorizzare questa nostra competenza, anche alla luce delle difficoltà del sistema sanitario pubblico? Un sistema che, lo sappiamo bene, è sempre più sotto pressione, sia in termini di risorse finanziarie sia per la gestione delle liste d’attesa. Qualcosa deve cambiare, e forse l’intelligenza artificiale può già rappresentare un punto di svolta. C’è chi ha già iniziato a sperimentarla nei propri centri, e credo che questa possa diventare una risorsa concreta, non solo per noi professionisti, ma soprattutto per l’utente finale, che potrà ottenere vantaggi reali in termini di costi, tempi e accessibilità”.
Tra le attività quotidiane più delicate di Charles Di Benedetto, c’è il lavoro con i bambini e i ragazzi con deficit visivi e dell’apprendimento:
“Si tratta di un argomento di primaria importanza e, per fortuna, come si diceva, sta crescendo la sensibilità in merito. Ho frequentato due corsi, prima sulla valutazione e poi sul potenziamento delle abilità visive, entrambi tenuti presso l’IRSOO, che affrontano davvero ogni aspetto dell’argomento. Nel nostro lavoro si parte sempre da un’analisi: anche per questi bambini – senza parlare necessariamente di DSA – c’è un’analisi approfondita. L’équipe multidisciplinare composta da psicologi, logopedisti e altri specialisti può richiedere anche la consulenza di un optometrista, quando il quadro non è chiaro. Magari si sospetta un DSA, ma qualcosa nella visione non convince: il bambino potrebbe leggere male o sembrare un soggetto DSA, ma forse il problema è di natura visiva. Una volta esclusi problemi medici – che competono all’oculista e all’ortottista – entriamo in gioco noi optometristi. Ci occupiamo della parte muscolare, un po’ come dei personal trainer della visione. Effettuiamo test per verificare eventuali deficit nell’oculomotricità, nell’accomodazione o nella capacità di integrare il lavoro dei due occhi. Tutto ciò può influenzare la lettura, provocando rallentamenti o difficoltà nella comprensione: se un bambino è concentrato solo sul leggere correttamente e non perde il rigo, non riesce a memorizzare e quindi a comprendere. Si sente spesso dire “è bravo ma non capisce”, quando in realtà sta usando tutte le energie solo per leggere. Se emergono dei deficit, il nostro compito è avviare un percorso di potenziamento, attraverso esercizi mirati e costanti. Al termine della valutazione, redigiamo una relazione da inviare all’équipe. Spesso si scopre che non si tratta di un vero DSA, ma di una condizione che ne imita i sintomi. Anche un DSA certificato, però, può migliorare le proprie performance con il giusto supporto. E queste situazioni – non necessariamente certificate, ma bisognose di aiuto – stanno aumentando. Le richieste scolastiche sono sempre più elevate e, se mancano le basi visive adeguate, i ragazzi possono restare indietro. L’uso intensivo di dispositivi digitali – telefoni, tablet, computer, TV – affatica costantemente il sistema visivo, generando difficoltà complesse”.
Altro ambito fondamentale è quello del controllo della progressione miopica:
“È un tema molto attuale e discusso. Come optometristi crediamo profondamente in questa tematica e collaboriamo attivamente con la classe medica. Nel nostro centro abbiamo strumentazioni complete e trattamenti ottici di ogni tipo: dalla visione binoculare alle lenti oftalmiche, dalle lenti a contatto tradizionali all’ortocheratologia. È importante essere eticamente corretti, cioè, offrire al bambino e ai genitori tutte le opzioni disponibili, spiegando le percentuali di efficacia basate su evidenze scientifiche. Riteniamo fondamentale effettuare la biometria – in studio o tramite calcolo – per stimare la lunghezza assiale del bulbo oculare e spiegare ai genitori perché è importante monitorarne la crescita, come si fa con le curve percentili pediatriche. Crediamo molto in questa parte del nostro lavoro. Collaboriamo con gli oculisti anche in trattamenti combinati (ottici più farmacologici, ad esempio con l’atropina), offrendo così un supporto a 360°. Il controllo della progressione miopica è ormai una realtà: lo pratichiamo da molti anni, soprattutto attraverso l’ortocheratologia, che proponiamo da oltre 15 anni. Oggi ci sono anche altre opzioni, per chi non può o non vuole praticare l’ortocheratologia. È importante aggiornarsi: partecipiamo a congressi e corsi di formazione anche universitari. Invito i colleghi a non limitarsi alla sola vendita dell’ausilio visivo, ma ad approfondire, spiegando con empatia a genitori e bambini. Spesso la classe medica non entra nel merito dell’uso della lente, che è invece parte integrante del nostro ruolo: noi seguiamo i bambini nella pratica quotidiana e dobbiamo essere informati e completi nel nostro supporto”.
La quotidianità del nostro ottico ha come sfondo Centrottica che, come accennavamo all’inizio, è stata fondata dal padre ed è oggi una struttura all’avanguardia:
“Il nostro è uno store particolare. Mio padre, già molti anni a, ha voluto separare la parte professionale da quella commerciale. Gli studi optometrici sono al piano interrato, mentre al piano terra si trova il negozio, con i marchi commerciali. Trattiamo pochi occhiali da sole, perché il nostro punto di forza è il servizio professionale: occhiali da vista, lenti a contatto e consulenze specialistiche. Abbiamo un team molto competente che ci consente di offrire servizi di alta qualità. Siamo in dieci: io, mio padre e otto dipendenti. Abbiamo anche studi medici con cinque oculisti, due ortottiste e diagnostica strumentale, oltre a un ambulatorio polifunzionale dove operano, a rotazione, dermatologi e altri specialisti. Cerchiamo di offrire un servizio completo: se il problema è ottico, abbiamo la soluzione; se è medico, pure. Vendiamo anche strumenti ottici come microscopi, telescopi e binocoli – siamo l’unico centro in provincia a farlo – e siamo conosciuti per questo. Facciamo anche contattologia specialistica, che è la mia passione: trattiamo cheratoconi, post-interventi, ortocheratologia, occhio secco, e molto altro, sempre in collaborazione con la classe medica. Siamo centro convenzionato ASL per l’ipovisione”.
C’è anche un secondo punto vendita in Garfagnana:
“È più piccolo ed è nato nel 2002 ma importante per il territorio. Ci vado una volta alla settimana per effettuare i controlli visivi”.
E ora?
“Ci stiamo occupando anche della produzione degli occhiali sartoriali, fatti in sede partendo dalle lastre, personalizzabili in ogni dettaglio. La voglia di crescere non manca… E le idee, per fortuna, neanche. Chissà… il prossimo anno potrebbero esserci nuove sorprese. Vi terrò aggiornati!”.
Infine, Di Benedetto ha voluto ribadire la centralità di suo padre nell’azienda di famiglia:
“La nostra attività e il mio lavoro esistono grazie a mio padre, che è stato un visionario e continua ad esserlo. Diciamo che ho accolto con orgoglio la sua eredità professionale… anche se la strada è ancora lunga!”.

Ph. Roberto De Riccardis
Paola Ferrario