Degenerazione corneale marginale Pellucida: review
In collaborazione con Società Optometrica Italiana SOPTI
Amit Jinabhai, Hema Radhakrishnan, Clare O’Donnell Contact Lens & Anterior Eye 34 (2011) 56–63
La Degenerazione corneale marginale pellucida (PMD) è una rara anomalia dello spessore corneale che si assottiglia progressivamente. Osservabile nella porzione periferica, localizzata spesso nel quadrante inferiore, si presenta a forma di falce o mezzaluna. Il termine Pellucida, sinonimo di trasparente o traslucido, si deve al Schlaeppi che per primo interpreterò l’assenza di opacità solitamente indotta dalla presenza di un’ectasia. La PDM è inoltre riportata in diversi lavori come Degenerazione Margina Pellucida o Distrofia Marginale Pellucida.
La review descrive le caratteristiche cliniche della PMD, la differenza diagnostica rispetto ad ad altre ectasie a carico della cornea e le opzioni utilizzate per la gestione. Ad oggi, l’esatta eziologia della PMD non è conosciuta.
Non è ancora chiaro se PMD, Cheratocono e Cheratoglobus siano patologie distinte, o variazioni dello stesso disordine corneale. Tuttavia, molti autori ritengono che la PMD non sia altro che un Cheratocono periferico. Non è stata rilevata una ragione genetica ereditaria legata alla sua insorgenza. Dal punto di vista epidemiologico, la PMD è considerata una condizione più rara del Cheratocono, con una maggior incidenza maschile.
Rispetto al cheratocono, la PDM ha un andamento degenerativo piuttosto lento e si manifesta, indicativamente, fra la seconda e la quinta decade di vita.
La PMD è caratterizzata da una fascia corneale assottigliata, trasparente, di circa 1 o 2 mm, che si estende da ore 4 a ore 8, con una perdita di tessuto stromale solitamente attorno al 80%. Fra la fascia sottile e il limbus si osserva un’area trasparente di 1 o 2 mm non coinvolta dall’assottigliamento. Nella PMD, l’area di maggior protrusione corneale è più marcata appena sopra la zona di assottigliamento. Lo spessore corneale in quest’area è solitamente normale. L’utilizzo combinato di topografo e tomografo, quindi le anomalie di curvatura associate alla misurata dello spessore, ne permette il riconoscimento anche quando l’ectasia è subclinica, scongiurando, ad esempio, il ricorso alla chirurgia refrattiva, che potrebbe esacerbare la progressione di questa condizione.
Le caratteristiche che favoriscono una diagnosi differenziata della PMD sono le anomalie corneali rilevate al topografo nella fascia più sottile, che mostrano un chiaro appiattimento della cornea lungo il meridiano verticale, inducendo un astigmatismo contro regola. L’osservazione laterale in lampada a fessura evidenzia un profilo panciuto. L’osservazione del profilo, la topografia corneale e la misura dello spessore possono favorire la differenziazione clinica della PMD, rispetto al cheratocono o al cheratoglobo. Nei casi avanzati, si osserva un brusco incurvamento della zona ectasica (dal centro verso la periferia) con incrementi di curvatura fino a 20D. L’analisi topografica mostra come l’incurvamento si estenda verso la zona periferica lungo il semi-meridiano corneale inferiore obliquo, mostrando differentemente l’immagine di una chela di granchio, una farfalla o due colombe che si baciano.
Diagnosi differenziale È molto importante effettuare una diagnosi differenziata per poter gestire al meglio la PMD, rispetto ad altre forme di ecatsia corneale come cheratoglobus, ulcera di Mooren, degenerazione marginale di Terrien e, naturalmente il cheratocono. Molto spesso, infatti, la PMD viene scambiata e gestita come un cheratocono, anche se i segni clinici, specialmente nelle fasi iniziali, sono molto diversi. Come spesso accade nella gestione ottica delle ectasie corneali, l’opzione chirurgica viene presa in considerazione solo se la gestione con occhiali o lenti a contatto non garantisce efficacia visiva e di comfort per il paziente. Nel caso delle PMD, questa regola è ulteriormente suffragata a causa della difficoltà di effettuare un cheratoplastica perforante (PK) utilizzando una porzione di cornea molto periferica e sottile.
Dal punto di vista chirurgico sembrano garantire un buon risultato l’utilizzo di INTACS. Per quanto riguarda la gestione non chirurgica, occhiali e lenti a contatto morbide toriche possono sopperire alle problematiche visive in maniera adeguata, nella fase iniziale dell’ectasia.
Negli stadi avanzati, secondo gli autori, l’utilizzo di lenti GP a grande diametro, permette di gestire le alterazione ottiche indotte dalla degenerazione corneale che interessa proprio la zona periferica della cornea, zona solitamente dedicata all’appoggio di una lente GP. L’articolo del 2012 prende in considerazione in maniera marginale l’utilizzo di lenti a sollevamento corneale e ad appoggio sclerale (sclerali o minisclerali). Lenti che oggi, considerato il nuovo rinascimento di questa modalità applicativa, sempre più frequentemente sono utilizzate come prima scelta nella gestione ottica delle PMD.