Essere COACH

 

Il Coaching non è una tecnica da applicare in determinate circostanze, ma prevede una relazione con le persone basata sulla fiducia, sulla sicurezza e sulla condivisione di visione.

Richiede intelligenza emotiva, empatia, integrità, serenità ed equilibrio. Da questo numero di PLATFORM inauguro una serie di approfondimenti che avranno come denominatore comune quali competenze può acquisire una persona manager, un imprenditore, un collaboratore per avere un orientamento e uno stile di Coaching.

Possiamo definire il Coaching una disciplina che favorisce lo sviluppo delle potenzialità dell’’individuo in relazione ad uno specifico obiettivo, attraverso azioni di supporto e di stimolo al raggiungimento della consapevolezza delle proprie potenzialità.

Si sente sempre più parlare della figura del coach nelle aziende che diventa una guida focalizzata sia sui risultati sia sulle relazioni.

L’’importanza di sviluppare skill da coach è strettamente legata alla necessità di saper adattare il proprio modo di essere con flessibilità rispetto alla situazione, al momento e alle persone che si hanno di fronte.

È un modo di essere leader e di fare management, un modo di relazionarsi, un modo di pensare, un modo di essere, un modello eccezionale per promuovere lo sviluppo dei collaboratori.

Oggi l’approccio manageriale nelle aziende è spesso inquinato da abitudini, cultura, modelli di riferimento passati; pressione sui risultati di breve termine; ansia da performance; caratteristiche personali (fiducia o meno verso i collaboratori, attitudine al controllo, gestione del potere).

Espressioni come “il nostro personale è la nostra grande ricchezza” rimangono spesso dei cliché da enunciare nelle brochure di presentazione aziendale, delle parole vuote senza azioni concrete orientate ad un cammino di crescita e valorizzazione della persona e, in fase successiva, del Team. Ritengo che in ciascuno di noi ci sia una parte delle competenze necessarie ad un coach, in alcune persone sono più evidenti, in altre più nascoste. Il processo di Coaching gestito dall’’imprenditore/coach si articola in incontri periodici con i collaboratori per stabilire gli obiettivi, per definire alternative e scelte, per eseguire i piani d’azione e per rivedere i risultati.

È necessario, infatti, un lavoro condiviso su:

  • allineamento agli obiettivi
  • definizione dei ruoli
  • condivisione di strategie
  • definizione chiara degli obiettivi.

All’’imprenditore/coach spetta il compito di mantenere la coesione del gruppo. La coesione è ciò che consente al collaboratore di sentirsi parte del team, di riconoscersi e identificarsi in esso, di desiderare di “giocare insieme agli altri” e di mettersi al servizio della squadra puntando a vincere come squadra prima ancora che come individuo.

Ogni organizzazione ha la necessità di un imprenditore (allenatore) leader ed esperto, capace di motivare i suoi giocatori (collaboratori) per:

  • creare una squadra vincente
  • •migliorare il clima organizzativo e senso di responsabilità
  • •aumentare la motivazione e la performance di gruppo
  • allineare i singoli alla mission e alla vision del team
  • •rendere più veloci i processi di decisione e di innovazione
  • •stimolare la collaborazione piuttosto che la competizione
  • •facilitare il cambiamento organizzativo
  • •sviluppare responsabilità e consapevolezza

La mia esperienza di Coach

Sono un ottico optometrista che da 25 anni si dedica alla formazione.

Durante questi anni ho ricercato metodologie e approcci realmente efficaci per lo sviluppo delle persone e delle organizzazioni. Anni fa sono diventato Coach. Attraverso il Coaching aiuto persone e aziende a raggiungere risultati sostenendo un percorso di cambiamento, apprendimento ed evoluzione atti a creare valore.

Attraverso l’allenamento delle potenzialità personali, lo sviluppo delle competenze, la determinazione degli obiettivi e la stesura dei piani d’azione utili a conseguirli, l’’azienda (spesso lavoro direttamente nei Centri Ottici: dall’’imprenditore ai suoi collaboratori) viene accompagnata verso gli obiettivi prefissati.

Il Coaching (dal termine inglese coach, che significa allenatore) consiste in un’azione nella quale il coach garantisce la crescita di chi lavora in un’azienda, allenando, spingendo, insegnando metodi che permettono un costante miglioramento.

I miei compiti sono di individuare i punti di debolezza e di agire con un programma cadenzato nel tempo, finalizzato a migliorare l’efficacia del soggetto. È un percorso di crescita rivolto a tutte le persone motivate ad apprendere per migliorare il proprio livello di professionalità e per acquisire nuove competenze. Nella mia personale cassetta degli attrezzi, in aula e nelle relazioni utilizzo la Programmazione Neurolinguistica applicata al Retail Coaching e Business Coaching.

La Programmazione Neuro-Linguistica è una disciplina che riunisce vari ambiti dello studio della comunicazione umana e si propone come strumento per influenzare fattori quali l’istruzione, l’’apprendimento, la negoziazione, la vendita, la leadership, il team-building.

La PNL mette a disposizione di chi si occupa di vendita, ad esempio, una serie di strumenti, grazie ai quali è possibile integrare, aggiornare e rafforzare le proprie competenze per creare relazioni proficue e durature con il cliente, per evitare obiezioni e resistenze durante le trattative di vendita, riconoscere le strategie decisionali che portano all’’acquisto, comunicare in modo efficace con le parole, il tono di voce e il linguaggio del corpo.

Il Retail Coaching rappresenta, invece, la metodologia di miglioramento ideale per tutti gli imprenditori che guardano con attenzione alla crescita dell’’azienda (Centro Ottico) attraverso l’’entusiasmo dei collaboratori e la fidelizzazione dei clienti.

L’’introduzione del Retail Coaching come nuovo modello aziendale, permette di allenare le potenzialità degli staff di vendita e di raggiungere obiettivi sfidanti come il potenziamento delle performance di gruppo e l’’aumento della redditività del centro.

Consideriamo sempre che il valore del punto vendita è in funzione del valore dei suoi clienti e che deriva dall’ampiezza delle relazioni con i clienti che sono direttamente correlate alla customer satisfaction. Essa a sua volta nasce dalla sintonia fra valore generato per i clienti e il valore da loro desiderato. Una cosa è certa: il valore dell’’offerta di ogni punto vendita è in relazione alla qualità del prodotto e alle skill professionali, relazionali dei consulenti alla vendita. Sono quest’’ultimi i veri generatori di valore.

La programmazione neuro linguistica (PNL)

Il nome scelto dai fondatori della disciplina sintetizza tre componenti:

  • Programmazione, cioè la capacità di influire sulle modalità di comportamento variabili e fondate
  • sulla percezione e sull’’esperienza individuali. Tramite la PNL si interviene su una gamma predefinita di comportamenti (programmi o schemi), che funzionano in modo inconsapevole ed automatico
  • Neuro, ovvero i processi neurologici del comportamento umano, basato su come il sistema nervoso riceve stimoli dagli organi di senso e li rielabora come percezioni e rappresentazioni
  • Linguistica, che definisce il sistema con cui i processi mentali umani sono codificati, organizzati e trasformati attraverso il linguaggio

L’’idea centrale della PNL è che la totalità dell’’individuo interagisce nelle sue componenti (“linguaggio”, “convinzioni” e “fisiologia”) nel creare percezioni con determinate caratteristiche qualitative e quantitative: l’’interpretazione soggettiva di questa struttura dà significato al mondo.

Modificando i significati attraverso una trasformazione della struttura percettiva (definita mappa, cioè l’’universo simbolico di riferimento), la persona può intraprendere cambiamenti di atteggiamento e di comportamento. La percezione del mondo, e di conseguenza la risposta ad esso, possono essere modificate applicando opportune tecniche di cambiamento.

La PNL ha tra i suoi scopi, quindi, l’’obiettivo di sviluppare abitudini/reazioni di successo, amplificando i comportamenti facilitanti” (cioè efficaci) e diminuendo quelli “limitanti” (cioè indesiderati).

La PNL è un atteggiamento caratterizzato da senso di curiosità, avventura e desiderio di imparare abilità necessarie a comprendere quali tipi di comunicazione influenzano gli altri. È il desiderio di conoscere le cose che vale la pena conoscere. È guardare alla vita come una rara opportunità per apprendere.

La PNL è una metodologia basata sul principio che ogni comportamento ha una struttura e che questa struttura può essere estrapolata, imparata, insegnata e anche cambiata. Il criterio guida di questo metodo è sapere che cosa sarà utile ed efficace.

La PNL è una tecnologia che permette ad una persona di organizzare le informazioni e le percezioni in modo da raggiungere risultati ritenuti impossibili in passato.

La PNL è un modo di porsi verso la vita, verso il necessario cambiamento, rappresenta un aiuto efficace e sicuro per chi vuole acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità e accrescere il proprio successo professionale.

Il primo passo consigliato è un cambio di mentalità: “è il modo in cui si affronta che fa la differenza”, dice la grande psicoterapeuta Virginia Satir. Accettare questa realtà richiede lo sforzo, anzi due. Il primo è quello di trasformare le proprie aspettative in obiettivi.

Il secondo passo è accettare la sconfitta: “non esistono fallimenti, solo feedback”, è uno dei presupposti chiave della PNL.

Quando agisci ottieni sempre dei risultati, positivi o negativi che siano. Se i risultati non sono quelli che cercavi, impara la lezione; ciò ti aiuterà a non commettere più gli stessi errori. Nello sport si dice” o vinco, o imparo”. Ogni esperienza ti aiuterà a non commettere gli stessi errori e a fare meglio.

Il terzo passo è stabilire perché fai quello che fai, chi sei e in cosa credi.

La zona di comfort

Nell’’arco degli anni sviluppiamo una sorta di zona di comfort, un insieme di modi di analizzare, di comportamenti che sono abituali e ci danno sicurezza.

La zona di comfort è la nostra area psicologica in cui siamo a nostro agio, la sfera in cui tutto è familiare e dove tutti noi ci sentiamo a proprio agio. È l’’ambito delle nostre abitudini consolidate. Ci muoviamo all’interno della nostra zona di comfort perché il nostro cervello è programmato per ridurre al massimo gli elementi di fatica e di stress, quindi attiva atteggiamenti di protezione e ci mette al riparo da quelli che considera possibili pericoli.

Attenzione! Se rimaniamo sempre nella zona di comfort perdiamo la possibilità di sperimentare cose nuove e sconosciute e quindi evitiamo di esporci a quegli stimoli che ci portano alla crescita.

In effetti, se ci mettiamo un po’ alla volta in situazioni in cui non ci sentiamo completamente a nostro agio, miglioriamo la nostra esperienza. Per far questo, è necessario fare sempre piccoli passi per uscire gradatamente dalla nostra zona di comfort. Si tratta di vivere i possibili momenti di disagio come piccole sfide alla nostra portata, che ci permettano di fare nuove esperienze.

È necessario quindi mettersi in gioco e bisogna farlo a piccoli passi, accettando un minimo rischio.

Stato passivo o inconsapevolezza acquisita

Il sociologo americano M. Massey ha elaborato la teoria dei tre periodi di sviluppo e formazione delle nostre credenze dei nostri valori personali, che identifica tre periodi:

  1. periodo dell’’imprinting (da zero ai sette anni) periodo nel quale registriamo e assorbiamo inconsciamente tutto ciò che accade intorno a noi.
  2. Periodo del modellamento (dagli otto ai tredici anni), nel quale incominciamo ad imitare il comportamento degli esseri umani che ci circondano e a scegliere i nostri Eroi, decidendo chi tra mici parenti o genitori possa assumere tale ruolo.
  3. Periodo della socializzazione (dai quattordici ai ventuno anni) nel quale si va a rinforzare valori legati alle relazioni e alla vita sociale.

Quindi sia “le credenze”” sia “i “valori bussola della nostra Vita””, si creano fondamentalmente grazie a riferimenti come esperienze ed eventi accaduti e condizionamenti ambientali (famiglia, amici, eroi, scuola, Chiesa ecc.), strutturandosi nella mente dell’’individuo sotto forma di abitudini di pensiero.

Si tratta per lo più di un processo inconsapevole della persona, nel quale valori e convinzioni profonde si fissano andando ad influenzare comportamenti e sistemi di pensiero, generando diverse aree di confort.

Nell’’arco degli anni ognuno di noi sviluppa una sorta di zona di confort per lo più in modalità inconscia, fatta da un insieme di modi di pensare, di comportamenti, di luoghi comuni, di attività, come se fosse in una specie di area protetta, e quando ne esce prova una sensazione di disagio o di incertezza.

È proprio in quel momento di uscita attraverso la consapevolezza di quel disagio che si affronta, che ci si allena a imparare cose nuove, a esplorare nuove possibilità accedendo a nuove informazioni e sviluppando nuovi schemi di pensiero.

Nel metodo del Coaching si va ad esplorare attraverso un metodo quanto siamo consapevoli dei nostri stati d’animo e delle nostre emozioni, e di quanto siamo consapevoli di ciò che sta influenzando i nostri stati d’’animo.

La nostra grande opportunità è quella di vivere una vita consapevole, e abbiamo visto quanto siano importanti i nostri stati d’’animo e le nostre emozioni e il nostro dialogo interiore.

Ci sono tre modalità secondo le quali sostanzialmente costruiamo, in modo inconscio, le nostre mappe individuali della realtà:

  1. cancelliamo, ignoriamo cioè alcuni aspetti dell’’esperienza filtrandola in base alle nostre convinzioni, i nostri interessi, i nostri valori. Se questo non accadesse saremmo assaliti da una miriade di informazioni;
  2. deformiamo la realtà, dando più valore e significato ad alcuni aspetti della realtà stessa piuttosto che ad altri;
  3. generalizziamo, in quanto tendiamo a costruire delle regole generali e assolute in base alle nostre esperienze personali.

Ho conosciuto professionisti che propendono maggiormente per tagliare informazioni, altri a deformare, altri ancora a generalizzare l’’esperienza.

L’’Intelligenza Emotiva

Per il coach utilizzare l’intelligenza emotiva vuol dire saper attingere dalle proprie emozioni per ottenere maggiori informazioni, per aumentare la consapevolezza delle scelte e delle decisioni importanti.

L’’Intelligenza Emotiva, nella definizione di Daniel Goleman, fra i più importanti divulgatori di questa teoria, è la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di gestire le nostre emozioni e di interagire efficacemente con gli altri.

Le emozioni sono il sale della vita ma capire le proprie emozioni e capire anche quelle di chi ci sta intorno, di chi sta in azienda con noi, è indispensabile.

Le emozioni ci condizionano, ci fanno pensare in maniera diversa, possono creare turbamento, possono rafforzare la nostra motivazione e in alcuni casi rallentare la nostra capacità di ragionare; non vanno soppresse, sono parte della nostra personalità, ma vanno riconosciute per poterne prendere consapevolezza e incanalarle in risposte efficaci e costruttive.

Le emozioni, se non sappiamo gestirle, ci possono travolgere per questo è importante imparare a riconoscerle e a orientarle in modo costruttivo per il raggiungimento del proprio benessere e per vincere la nostra partita interiore.

Gestire, è la parola chiave.

Quando gestisci ciò che provi, o ciò che prova un’’altra persona, accetti l’’essenza di questa emozione e puoi guidarla.

Implementa il tuo vocabolario emotivo.

Impara a esprimere i tuoi sentimenti e le tue emozioni considerando che tre elementi sono responsabili del nostro stato emotivo.

  1. L’’ambiente in cui viviamo: dobbiamo probabilmente iniziare a frequentare persone più positive, allegre e vincenti.
  2. I risultati che otteniamo, la nostra stima, ‘l’’orgoglio e la fiducia in sé sono tutti fattori che si attivano quando dimostriamo con i fatti le nostre competenze.
  3. Il percorso di auto miglioramento.

Einstein affermava: la curiosità di conoscere è la più importante delle cose che sappiamo.

Secondo Goleman l’intelligenza emotiva è l’’insieme di cinque abilità:

  1. conoscenza delle proprie emozioni intesa come capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta. L’’autoconsapevolezza di esse è un elemento fondamentale per gestire al meglio le varie situazioni;
  2. gestione delle proprie emozioni, intesa come capacità di controllare i sentimenti in modo che siano appropriati alla situazione;
  3. motivazione di se stessi intesa come capacità di padroneggiare le emozioni per riuscire a concentrarsi, per trovare motivazione e controllo di sé;
  4. riconoscimento delle emozioni altrui intesa come capacità di provare empatia ossia comprendere le emozioni che sta vivendo l’’altro;
  5. gestione delle relazioni intesa come capacità di gestire le emozioni altrui per entrare in sintonia con gli altri e vivere in modo efficace le relazioni interpersonali.