Optometria e l’arte della refrazione

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In collaborazione con Società Optometrica Italiana SOPTI

“La refrazione è più un’arte che una scienza”. Non è semplice spiegare alcune delle tante sfaccettature di quest’arte. Nel presente articolo sono descritti degli accorgimenti da utilizzare nella prescrizione di lenti oftalmiche.

Storia
Quando un paziente porta bene i propri occhiali, non ha alcuna sintomatologia ed ha un buon visus, raramente necessiterà di un cambio importante nella prescrizione. In questi casi di norma si esegue solamente una refrazione di base, soprattutto ai nuovi pazienti, corredata, ad esempio, da una semplice dry retinoscopy (osservazione del riflesso senza cicloplegico).
In molte circostanze, un cambiamento importante nelle prescrizione finale può non essere positivo per il comfort del paziente. Ricordiamo che refrazione non è sinonimo di correzione.
Controllo della correzione in uso. E’ importante conoscere cosa il paziente indossa quotidianamente e indagare se la correzione permette visione nitida e confortevole.
– Retinoscopia. E’ una tecnica rapida ed economica. La presenza o meno del riflesso pupillare può suggerire se la bassa acuità presente sia la manifestazione di un problema ottico. La refrazione oggettiva stabilisce un punto di partenza per il soggettivo. Se il responso del soggettivo è vago, la retinoscopia può indirizzarci alla prescrizione finale.
Essere obiettivi. Gli esseri umani hanno la tendenza a confermare i propri pregiudizi e in medicina questo può influenzare osservazioni e decisioni. Spesso in optometria tendiamo ad esasperare il difetto visivo del paziente, cercando alle volte di raggiungere risultati inutili.
Utilizzare lenti di prova. E’ necessario ottimizzare la refrazione oggettiva con lenti di prova. Risulta utile perfezionare l’esame mediante lenti di prova poste sopra l’occhiale del paziente. Questo permette, non solo di misurare la risposta del paziente alle domande, ma coinvolge il paziente nella decisione finale.
Nel caso di risposta indecisa, o al contrario di una reazione forte e positiva, è possibile avere conferma della modifica, dimostrando al paziente quanto il cambiamento della correzione possa migliorare o meno la sua visione.
Controllare gli occhiali del paziente. In alcuni casi, le lamentele relative alla qualità della visione con la correzione in uso, non sempre dipendono da un cambio della situazione refrattiva. Alle volte, le lenti utilizzate possono essere graffiate, oppure opache. Queste osservazioni possono aiutarci a spiegare perchè alle volte la refrazione non è in linea con le aspettative del clinico.
“La schiavitù dei 20/20”. Siamo ancora legati all’idea che i 20/20 siano lo standard visivo a cui tendere. La condizione dei 20/15 alle volte è maggiormente auspicabile. Una sovracorrezione del negativo porta ad alti livelli di discomfort, la sovracorrezione del positivo crea sicuramente dei fastidi. Forzare una correzione al raggiungimento dei 20/20, può portare il paziente ad un peggioramento della qualità visiva complessiva. Inoltre, molte volte la distanza d’esame non corrisponde ai 4 mt e, se non viene usato un sistema di specchi per simulare otticamente l’infinito, la vergenza viene annullata e questo può portare ad un errore di un quarto di diottria.
Dilatazione o no? E’ difficile giudicare se dopo la dilatazione la refrazione sia facilitata o meno. Considerando la retinoscopia, è piu facile apprezzare il riflesso luminoso attraverso una pupilla dilatata, ma le aberrazioni periferiche possono falsare l’interpretazione. Riguardo la refrazione soggettiva, un paziente miotico può avere un certo range di visione nitida, a causa dell’aumento della profondità di campo, quindi la refrazione fatta in midriasi può essere errata per la reale dimensione pupillare.
Rispettare i 20/felici. E’ necessario determinare quale livello di dettagli l’occhio può risolvere, per capire di non trovarsi di fronte ad una patologia. In tutti i modi, un paziente non corretto che a distanza raggiunga i 20/25-2, senza alcuna difficoltà nella vita di tutti i giorni, non necessita per forza di una correzione. Al contrario, pazienti con 20/20-, un potenziale visivo più alto ed uno stile di vita che necessiti di alta risoluzione visiva, possono beneficiare da una nuova prescrizione. Una volta determinato quanto una persona può vedere, è importante realizzare che il nostro lavoro non è forzare la massima visione, ma creare una situazione nella quale i loro occhi siano d’aiuto alle attività richieste.
Assecondare le aspettative del paziente. Accontentare le aspettative del paziente in modo appropriato è fondamentale per non minarne la fiducia. E’ necessario ricercare il raggiungimento della miglior visione per il paziente, sia in termini di chiarezza che di comfort. Qualora siano necessari cambi importanti della correzione, o un nuovo tipo di lente (come ad esempio le lenti multifocali), dobbiamo spiegare in maniera esaustiva al paziente che potrebbe servire un periodo di adattamento di almeno due settimane, affinché la nuova correzione diventi confortevole. Passato questo periodo, se il paziente trova ancora difficile adattarsi al nuovo occhiale, quest’ultimo verrà rivalutato.
Non esaminare tutti. Non è necessario esaminare, o cambiare la correzione di un paziente asintomatico.
Padroneggiare l’arte della refrazione è importate per la maggior parte degli optometristi, servono solo tempo, esperienza e aggiornamento.