Penso Circolare

STORIA DEL DESIGNER CHE HA PORTATO NELL’EYEWEAR UN NUOVO MATERIALE: LE PALE DEL FICO D’INDIA.

Classe 1993, pugliese di nascita, Cristiano Ferilli ci ha incantato durante lo scorso Silmo di Parigi per il suo progetto frutto di un green thinking esemplare: gli occhiali realizzati grazie all’utilizzo delle pale di fico d’india. Gli elementi green del suo design si mescolano con l’artigianato e il forte legame con il suo territorio, la magnifica puglia. Addentriamoci nel suo mondo attraverso questa intervista.

QUANDO È INIZIATA LA TUA PASSIONE PER L’EYEWEAR?
Fin dall’adolescenza… Questa passione mi ha portato a iscrivermi e a diplomarmi all’Istituto ottico di Lecce. Dopo le superiori, mi sono trasferito a Roma dove ho conseguito la laurea in Ortottica e Assistenza Oftalmologica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Diciamo che ho sempre interagito non solo con gli ospedali, ma anche con i top player dell’occhialeria, lavorando come ottico e optometrista parallelamente agli studi fin da quando avevo 16 anni.

QUANDO NASCE L’IDEA DI CREARE UNA TUA COLLEZIONE?
Quando ero studente di ottica grazie a una visita con la scuola a MIDO. Ero talmente affascinato che mi sono detto: “da grande avrò la mia collezione!”.

CI DESCRIVERESTI IL RAPPORTO CON IL TUO TERRITORIO DI ORIGINE?
Il materiale con cui realizzo i miei occhiali – le pale di fico d’India – proviene proprio dalla mia Puglia. Si tratta di una pianta che mi ha accompagnato fin dalla mia infanzia perché ne avevamo alcune nel giardino della mia casa d’infanzia a Giuliano, un piccolo paese di 400 abitanti. In realtà, questa pianta è presente in una quantità abbondante su tutta la regione e c’è un surplus nei campi fino a rappresentare un problema serio per l’agricoltura; è considerata una pianta infestante. Le procedure di diradamento e potatura sono quindi periodicamente essenziali per limitare questa crescita sovrabbondante: questa pianta si riproduce facilmente, è sufficiente che una foglia cada a terra per generarne un’altra! Nelle stagioni più calde, le pale del fico d’India si seccano naturalmente al sole, mostrando lo scheletro, cioè la fibra, un reticolo bellissimo e molto fragile. Da lì è nata l’idea di utilizzarle per i miei occhiali.

QUAL È IL PROCESSO PER OTTENERE IL MATERIALE PER I SUOI OCCHIALI?
Il fico viene disidratato per ottenere lo scheletro, cioè la fibra, e poi viene fissato manualmente su pannelli di legno di betulla con della resina. Come dicevo, la materia è presente in grandi quantitativi ma c’è anche una forte difficoltà di smaltimento. Credo di avere creato con la mia idea una nuova prospettiva ecologica e sostenibile. Inoltre, la reticola della fibra crea un pattern sempre diverso su ogni montatura a seconda dello stato della pianta da cui è ricavato, dando così vita a occhiali unici. Nel mio progetto c’è anche una forte componente di economia circolare.

QUESTO MATERIALE È UTILIZZATO ANCHE IN ALTRI COMPARTI?
Sì, nel Salento c’è un’azienda che lo utilizza per realizzare mobili. Il materiale si chiama Sikalindi (cioè fico d’India in lingua Grika, lingua che parlano ancora in Salento derivante dal greco). Entrare in contatto con questo materiale brevettato è stato per me solo un punto di partenza. Avere la 020 possibilità di utilizzare la fibra già essiccata, è stato un inizio per provare a lavorare il materiale e abbinarlo ad altri elementi per la produzione delle montature.

QUALI MATERIALI COMBINI CON LE FOGLIE DI FICO D’INDIA?
È stato un processo naturale quello di accoppiare la fibra con altri elementi naturali, in particolare il legno d’ulivo, anche questo simbolo del territorio pugliese, ma anche con legno di betulla, barrique e oggi, nel 2022 anche acetato. Le aste inizialmente erano in legno di ulivo mentre ora utilizziamo le barrique: l’asta è nera ma non è il frutto di una banale colorazione ma di un processo di affumicatura. Ogni montatura rende omaggio a un piccolo paese del Salento portandone il nome.

DOVE AVVIENE LA PRODUZIONE?
Il passaggio dal materiale all’occhiale avviene a Canino in provincia di Viterbo in una falegnameria a conduzione famigliare. Le montature, sono, quindi realizzate artigianalmente e totalmente Made in Italy.

HAI OTTENUTO RICONOSCIMENTI PER IL TUO PROGETTO?
Sì, sono stato insignito del premio “Miglior occhiale da sole ecologico dell’anno 2019” al Monaco International Optic Trophies e sono arrivato in finale nel concorso italiano “Graziella Pagni Eyewear Award 2020”. Attualmente alcune montature sono esposte nel Museo nazionale dedicato all’Occhialeria a Piave di Cadore, in provincia di Belluno, come esempio di occhialeria innovativa e a quello di Morez in Francia. Da 2019, sono entrato nel circuito di Alta Roma e partecipo all’evento Maker Fair. Durante il primo anno ho tenuto uno speech con Silvia Venturini Fendi sulla sostenibilità e quest’anno espongo nuovamente.

COSA C’È NEL TUO FUTURO DI DESIGNER?
Voglio insistere sulla sperimentazione materica, è il mio obiettivo di vita. Il fico d’India mi ha insegnato che abbiamo tante materie disponibili e dobbiamo solo utilizzarle.

COM’È ORGANIZZATA LA DISTRIBUZIONE IN ITALIA?
Attualmente siamo presenti in 22 store in Italia. Mi piacerebbe esportare il mio concetto di occhiali anche al di furio dell’ottica.