Questione di ritmo

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Mai sentito parlare di “tempi comici”? È questione di brio ovvero di ritmo corretto.

Raccontare barzellette è difficile e non c’è cosa peggiore di chi si ostina a provarci senza riuscire a far ridere. Perché una battuta detta da una persona non genera nessuna reazione, mentre in bocca ad un’altra si trasforma in risata assicurata?
Mai sentito parlare di “tempi comici”? È questione di brio ovvero di ritmo corretto. In vendita è la stessa cosa. C’è un tempo per l’ascolto del Cliente che abbiamo davanti, un tempo per la proposta commerciale e un tempo per la chiusura. La distillazione di questi tre tempi determina spesso il successo di una vendita o la rovina. È questione di ritmo.
Ritengo che anche questo sia un concetto riferibile a mille aspetti della nostra vita quotidiana. Molto spesso, ascoltando un venditore, mi chiedo: “Santo cielo, ma perché non ci mette un po’ di brio in quello che dice? Mi sta facendo quasi addormentare!”. Dando per scontata la bontà del contenuto di quanto diciamo, rivolgiamoci ancora una volta alla forma ovvero al modo in cui lo diciamo. Un segreto per ottenere e mantenere l’attenzione del nostro interlocutore è quello di donare un ritmo a ciò che diciamo.
Siamo nel campo della Comunicazione Verbale, cioè di ciò che diciamo utilizzando la nostra voce. Ci sono persone che parlano lentamente e altre che corrono a tal punto che si mangiano le ultime sillabe di tutte le parole che dicono. Entrambi gli esempi sono da evitare.
Non è tanto l’estrema lentezza che fa perdere l’attenzione, quanto la monotonia con cui ci esprimiamo. Monotonia significa che utilizziamo uno stesso tono, trasformando il contenuto di ciò che diciamo in noia per chi ci ascolta. La cosa grave è che se chiedeste a un venditore mono-tono se si rende conto di esserlo, questo sgranerebbe gli occhi, rispondendovi: “Ma chi? Io? Impossibile.” Prima ancora di ascoltare gli altri, allora, impariamo ad ascoltare noi stessi e la nostra voce. C’è brio in quello che diciamo? Con che ritmo parliamo alle persone che abbiamo di fronte?
La buona regola del comunicatore perfetto insegna che la velocità deve essere abbastanza moderata, la voce sostenuta grazie ad un volume adeguato alla situazione e al Cliente, alla distanza dell’interlocutore e soprattutto il tono eterogeneo e mai uguale a se stesso.
Ecco, cambiare tono in pubblico consente di ottenere la massima attenzione su ciò che stiamo dicendo. Il grosso problema è che parlare in pubblico è un’arte che spesso riempie di ansia e stress le persone, e in particolare modo i venditori, non consentendo loro di esprimersi al meglio come invece farebbero in situazioni private.
Ecco spiegato il motivo per cui potete provare anche mille volte l’incipit di un discorso da fare in pubblico, ma quando entrate in sala (o nell’ufficio del vostro capo), la voce vi uscirà a metà, il respiro si mozzerà e il giusto tono andrà a farsi benedire. Dunque, che fare?
Buona notizia: innanzitutto come dico sempre in aula durante i corsi di comunicazione, si tratta di emozione e l’emozione non è mai negativa. Dice molto della persona che si emoziona.
Uno speaker o un venditore freddo e spietato non è mai piaciuto a nessuno. Inoltre, con un bel po’ di impegno e di esercizi, la situazione si può risolvere e chiunque può condurre la propria vita verso una comunicazione efficace.
La prima direzione da prendere è quella della Respirazione, che troverete trattata dettagliatamente nel capitolo “R”.
Tutto ciò che esce dalla nostra bocca dipende inesorabilmente da ciò che ci è entrato e soprattutto da come lo abbiamo inserito. Imparare a inspirare l’aria in maniera corretta, immagazzinarla nei polmoni e soprattutto saperla espirare conducendola nel modo giusto è il segreto per non farsi più fregare dall’emozione quando parliamo in pubblico.
La domanda che io mi pongo da quando alla Scuola di Teatro mi hanno insegnato queste tecniche è: “Ma perché non ce lo insegnano quando siamo alle elementari?”
Tutto diventerebbe più semplice. Non è assurdo, infatti, che una persona si trovi a 30, 40 o 50 anni senza saper controllare la propria voce, senza sapere come si dona brio alla propria discussione, evitando così di annoiare mortalmente chi ha di fronte? Potrebbe essere una buona proposta politicodidattica. Un altro suggerimento pratico molto utile è quello di leggere ad alta voce, registrando la propria voce.
Forse qualcuno ricorda di averlo già fatto quando era bambino. Bene, bisognerebbe farlo anche e soprattutto da adulti. Questa semplice e divertente pratica ci aiuterebbe moltissimo ad ascoltarci mentre parliamo, contribuendo a migliorare la nostra performance retorica di fronte ai Clienti.
Consiglio vivamente la poesia, di autori italiani possibilmente, da leggere ad alta voce e molto molto lentamente. La poesia è un capolavoro di scelta linguistica operata dal poeta, che probabilmente ha scelto quel sostantivo o quel verbo dopo infinite prove ed elucubrazioni mentali. Pare giusto, quindi (anzi obbligatorio) rispettare quella scelta, pronunciando al meglio quella parola, sillaba dopo sillaba.
Questa tecnica avrà anche un altro insperato effetto: consentirà in tempi sorprendentemente rapidi di eliminare o almeno diminuire la fastidiosa cadenza regionale che tutti noi ci portiamo dietro da quando siamo nati e di cui ormai non ci accorgiamo. Se a tavola fra amici può essere simpatico azzeccare la provenienza geografica di una persona da come parla, in negozio, in televisione o su un palco la stessa tendenza può essere davvero deleteria per la buona riuscita del proprio speech e quindi della propria vendita.
Tutto sommato, quando un Cliente entra nel nostro negozio, non possiamo sempre dare per scontato che abiti nella nostra stessa città, no?