S.O.S. Pianeta Terra
Perché la questione ambientale e lo sviluppo sostenibile sono la scommessa del futuro.
A cura di Coop
Il peggioramento dello stato di salute del pianeta dal punto di vista climatico e ambientale è un fenomeno sul quale ormai da tempo la comunità scientifica esprime preoccupazione unanime.
Ma la necessità di intraprendere con urgenza un percorso di “rottura” rispetto alle prassi del passato, solo in parte si è tradotta in impegni concreti per invertire la rotta.
I processi di sviluppo economico che si sono andati consolidando a partire dagli anni ’60 del Novecento fino ad oggi, sono oggetto di profonde critiche, non solo per l’ineguale distribuzione dei benefici economici, ma soprattutto per l’inquinamento e lo sfruttamento dell’ambiente.
Quelle che gli economisti chiamano elegantemente esternalità negative sono diventate una questione vitale di vera sopravvivenza del pianeta così come lo abbiamo conosciuto finora e una minaccia non affatto remota per una quota molto ampia della popolazione, tanto che lo scenario più pessimistico indica nel disastro ambientale una minaccia capace quasi di dimezzare gli abitanti del pianeta.
A incidere in modo consistente sul grado di inquinamento del pianeta sono in primo luogo, e forse in misura più rilevante, le emissioni di gas serra. A generarle, o ad acuirne l’impatto, sono principalmente tre componenti: l’utilizzo di combustibili fossili; la deforestazione; l’allevamento intensivo.
Tutti questi processi derivano a loro volta da fenomeni correlati all’aumento del reddito e della popolazione. Grazie alla crescita economica che nell’ultimo secolo ha coinvolto molti Paesi del pianeta infatti, sono cresciuti i consumi ad alto assorbimento energetico, come le attività industriali, l’uso di autovetture, l’implementazione del riscaldamento domestico. A questa dinamica si sono poi accompagnate modifiche alla dieta alimentare che hanno portato e portano tutt’oggi a un salto verso i consumi di carne. E a sua volta proprio la produzione di proteine animali genera un impatto sulla CO2 decisamente superiore rispetto alla produzione, per esempio, di proteine vegetali. Basti considerare che in genere gli allevamenti estensivi e intensivi di animali possono generare maggiori gas serra di un sistema di trasporti di un nucleo urbano. In sostanza più le popolazioni sono divenute ricche più i loro consumi e i loro comportamenti hanno generato maggiori emissioni di elementi inquinanti. E questo è successo a livello globale. Negli ultimi decenni, man mano che un numero crescente di Paesi emergenti raggiungeva standard di vita più elevati, anche il rispettivo impatto ambientale aumentava. Nel giro di mezzo secolo infatti le emissioni pro-capite dei Paesi emergenti hanno approssimato i livelli degli altri Paesi, portando le emissioni globali ad aumentare. Per esempio le emissioni pro-capite in Cina hanno superato quelle dei Paesi europei. E anche le nazioni già sviluppate non hanno invertito la rotta, come gli Stati Uniti che sono il Paese caratterizzato dalle maggiori emissioni pro-capite, largamente indietro nelle politiche volte a ridimensionare il consumo di risorse naturali (soprattutto dopo l’avvento del Presidente statunitense Donald Trump).
Il deterioramento del pianeta non incide solo sul futuro, ma i primi cambiamenti si stanno facendo sentire già nel contemporaneo. Le principali conseguenze potenziali dell’impatto sull’ambiente delle attività umane sono legate infatti all’incremento della concentrazione globale di CO2 atmosferica che sta determinando un aumento delle temperature medie del pianeta. Le variazioni del clima hanno conseguenze catastrofiche: lo scioglimento dei ghiacci polari sta innalzando il livello del mare; in alcune zone del pianeta fenomeni atmosferici come gli uragani sono divenuti più frequenti e in altre sono in corso processi di desertificazione. Oggi poi, sappiamo e vediamo che le conseguenze del degrado ambientale incidono nella quotidianità dei cittadini. Le più importanti per gli effetti diretti e nell’immediato sulla salute sono quelle relative alla qualità dell’aria nei centri urbani e a quella del cibo che consumiamo. Secondo la letteratura più recente l’inquinamento da polveri sottili è statisticamente un fattore di rischio ambientale importante tra le cause di morte. Stando allo State of Global Air Report 2018 l’inquinamento dei centri urbani ha un impatto sulla mortalità superiore a quello di altre cause maggiormente note, come l’uso di alcol o l’inattività fisica, e solo di poco inferiore al fumo o all’obesità.
E proprio gli effetti dell’inquinamento sulla salute e le conseguenze dell’aumento delle temperature del pianeta stanno portando, sia pure con grande ritardo, ad aumentare tra i cittadini la consapevolezza della centralità della questione ambientale per il futuro del nostro pianeta e per quello delle prossime generazioni.
Gli sforzi per combattere questa tendenza rimangono però inadeguati. Le strategie per affrontare le questioni ambientali richiedono necessariamente una condivisione e il coordinamento da parte di tutti i Paesi. Gli obiettivi sono stati definiti a dicembre 2015 nell’Accordo di Parigi, e si basano sostanzialmente sulla limitazione delle emissioni. Nello stesso anno le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, con 17 obiettivi e 169 target. Gli Stati Uniti hanno però modificato la posizione iniziale, ritirandosi dall’accordo di Parigi, cosa che comporta un indebolimento della strategia globale di contrasto all’inquinamento.
Strettamente legato agli effetti dell’attività umana sull’ambiente è il crescente rischio di dissesto idrogeologico, che ogni anno accompagna tristemente la conta dei danni e delle perdite di vite umane nella stagione autunnale. Secondo i dati elaborati da Ispra nel 2017 il 91% dei Comuni italiani insiste su territori a rischio di frane o alluvioni (in crescita del 2018, 88%) e oltre 550 mila edifici si trovano in aree esposte a elevato pericolo di frana. Nei Comuni esposti al rischio di dissesto idrogeologico risiedono circa 3 milioni di famiglie. Oltretutto, nei prossimi anni, l’adozione di soluzioni di carattere ecologico nell’attività economica avrà effetti sui processi produttivi e sulle caratteristiche della domanda di lavoro. Grandi cambiamenti caratterizzeranno l’intero settore agroalimentare, e più in generale la filiera del food a partire dalle modalità di coltivazione, sino alla riduzione degli sprechi e all’aumento del tasso di riciclaggio dei rifiuti; così come la produzione e l’utilizzo di combustibili da trasporto, e la produzione di energia elettrica.
L’Italia è un paese che ha un lunga tradizione di politiche per lo sviluppo. Queste ultime, in parte per mancanza di risorse, in parte perché criticate di aver promosso modelli sbagliati o sostenuto settori e aziende che finiti gli incentivi hanno poi abbandonato il Paese. Accanto ai tanti fallimenti c’è anche qualche caso di successo: grazie agli incentivi alle fonti rinnovabili in pochi anni l’Italia è divenuta il Paese europeo con la più elevata produzione di energia verde. I temi dell’ambiente e dell’economia circolare rappresentano una grande opportunità di sviluppo. È in questa direzione che possono essere indirizzate le poche risorse disponibili.
La tutela dell’ambiente, in tutte le sua molte sfaccettature, è la grande sfida del futuro.
Fonte: www.italiani.coop