Sapere osare

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“La curiosità è un antidoto contro qualsiasi forma di stagnazione mentale.
In comunicazione, poi, paga tantissimo. In vendita ancora di più”.

Articolo tratto da: “Conduci la tua vita” e qui riprodotto per gentile concessione dell’autore

Avete mai notato dove si siede la gente quando entra in una sala? Si posiziona in gran parte vicino alla porta di entrata e verso il fondo. E non lo fa per comodità, bensì per necessità.
Ci sono, infatti, comportamenti umani fisiologici dettati da un istinto genetico con il quale nasciamo e ci sviluppiamo. Comportamenti che ci aiutano a salvarci o, almeno, ad adattarci a diverse situazioni. Uno di questi è la ZdC ovvero la Zona di Comfort, un concetto psicologico assai conosciuto e da me rivisitato con una connotazione affine alla comunicazione.
La Zona di Comfort è un vero e proprio spazio intorno a noi che ci consente di rimanere a nostro agio, pur vivendo una situazione di difficoltà o di ostilità. La ZdC è la dimostrazione pratica del motivo per cui in palestra occupate sempre lo stesso stipetto, al ristorante tendete a cenare nello stesso tavolo e, se tornate per la seconda volta in una città, istintivamente siete portati ad alloggiare nello stesso albergo che già conoscete.
Non si tratta di un comportamento errato. Eventualmente si tratta di un comportamento limitato.
Cerchiamo di spiegarlo meglio.
Istintivamente tutto ciò che è nuovo ossia che rappresenta una novità rispetto all’acquisito, viene percepito dal nostro cervello come una difficoltà.
Implica, infatti, la scoperta di un lato diverso della vita, potenzialmente di una difficoltà o di alcune situazioni ostili.
Per questo motivo, la mente si sente a proprio agio (comfort) nelle situazioni che già conosce, considerato il fatto che le ha già vissute e ne ha tratto un vantaggio, se non altro di serena sopravvivenza.
Allo stesso modo, è lapalissiano, se in quell’hotel di quella città vi siete trovati male, il cervello opporrà una fiera resistenza al vostro ritorno in loco.
Bene, fin qui i comportamenti istintivi. Chiediamoci, però, cosa comporta un approccio di questo tipo alla vita.
Dobbiamo sinceramente rispondere che, pur strizzando l’occhio verso una situazione già conosciuta e per questo più comoda da riaffrontare, tuttavia il nostro cervello ci impedisce di provare nuove vie.
Contrariamente al noto detto “chi lascia una strada vecchia per una nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova”, chi ha fame di conoscenza e sete di miglioramento deve creare un nuovo motto “chi sceglie una strada vecchia per una nuova, sa ciò che tiene ma perde un’occasione nuova”.
Poiché nella vita non si può realizzare un miglioramento senza che si affronti un cambiamento, è fortemente auspicabile che la nostra mente sia attratta dalla novità e non ne sia istintivamente respinta.
Ecco perché in questo caso si forma un leggero e innocente conflitto di valori, che risulta a tutti gli effetti molto umano ossia vero.
La ZdC ci mette in condizione di diminuire il nostro stress nei confronti della realtà che ci circonda, ma nel contempo purtroppo ci evita nuove occasioni di cambiamento e, dunque, di potenziale miglioramento.
Allora, che fare? Una proposta può essere quella di sottostare alla ZdC (visto che è istintiva, ha una forza travolgente), ma di approfittarne piegandola a nostro vantaggio.
Facciamo un esempio: dovete fare per la prima volta uno speech in una riunione aziendale davanti a 100 vostri colleghi.
Vi viene mostrata la sala del vostro intervento dal fondo.
Notate una postazione fissa, un microfono, la fila delle sedie da dietro e un paio di dettagli. Vi immaginate la scena del mattino dopo, tremate di paura e non dormite affatto bene. Il giorno seguente, nel momento in cui entrate in quella stanza, lo fate dalla porta anteriore, vicina al palco. Salite sul podio e guardate per la prima volta la platea da quel lato della sala. E il panico vi assale.
Sentite una grande ostilità nei confronti della situazione, perché non è conosciuta e non è una situazione di serenità.
Ok, tutto normale: non è la vostra Zona di Comfort e, dunque, siete a disagio. Il problema è che questo disagio aumenta lo stress naturale del momento e, soprattutto, cosa che qui ci riguarda primariamente, limita di molto la vostra performance comunicativa.
Come trasformare questa situazione in un’occasione di successo? Beh, trasformarla proprio magari no, ma come riuscire a creare una ZdC che ci metta in condizione di limitare lo stress di quel momento? Il segreto, che ha una validità sorprendente nel momento in cui lo metterete in atto, è questo: la sera prima createvi una ZdC sul podio.
Significa che qualche ora prima dello speech o anche pochi minuti prima, quando lo stress non è troppo alto, salite sul podio esattamente nella posizione che assumerete durante il vostro discorso.
Da quella visuale guardate attentamente la sala, il microfono, le sedie del pubblico dal davanti e non dal fondo, immaginate le facce della gente che vi guarda, le luci in faccia, la posizione per le gambe e per le mani. Insomma tutto ciò che potete fare affinché quella situazione diventi vostra, fatelo.
In quel momento voi starete creando una Zona di Comfort per il giorno dopo durante lo speech. Ecco che allo stress naturale dovuto all’emozione dell’evento, questa volta non si aggiungerà lo stress dovuto ad una situazione sconosciuta.
La Zona di Comfort ha una validità indiscutibile, poiché poggia su basi inconsce. Dunque, è insindacabile e la buona notizia è che è manipolabile. Provate a fare qualche esercizio in situazioni più facili.
La prossima volta che entrate in un ristorante, notate dove il vostro corpo tende istintivamente ad andare. Noterete la direzione del `solito’ tavolo.
Violentatelo! Costringetevi a cambiare direzione e a sedervi in quello che vi pare il tavolo più scomodo per il vostro comfort.
Subito sentirete la pesantezza di quella scelta e una certa resistenza istintiva. Poi, lentamente, vi rilasserete. Ecco, in quel momento starete creando una nuova Zona di Comfort. Da quel giorno in poi in quel ristorante avrete due Zone di Comfort, non più una sola.
E in una continua lotta per la sopravvivenza quale è la vita, l’animale che ha più Zone di Comfort ha più possibilità di sopravvivenza. Si tratta di comportamenti, si diceva all’inizio, istintivi e fisiologici, propri di ognuno di noi.
Ritengo che sia bello sapere e conoscersi a tal punto da spiegarsi ogni comportamento.
Se entrate in un’aula per assistere a un corso e vi mettete tendenzialmente da metà sala in fondo e vicino alla porta, non stupitevi.
Semplicemente, una sana dose di `paura’ nell’affrontare il relatore vi impedisce di sedervi in prima fila e il vostro inconscio di `animale nella foresta’ vi farà accomodare vicino alla porta da cui siete entrati, per essere pronti a scappare in caso di pericolo.
Allo stesso modo, chiedetevi a quale orecchio accostate solitamente il telefono quando rispondete ad una chiamata.
Qualcuno potrà pensare che quello sia l’orecchio migliore, in modo da sentirci meglio.
È l’esatto opposto, l’animale-uomo tenderà ad occupare l’orecchio meno performante, per tenere libero quello migliore allo scopo di percepire eventuali suoni di pericolo in arrivo. Siamo il prodotto di millenni di esistenza, non dobbiamo dimenticarlo.
Peccato che nessuno ce lo abbia insegnato alle elementari, vero? Forse saremmo ancora più evoluti oggi di quanto non siamo.
E se iniziassimo con i nostri figli? E a proposito di evoluzione, mi piace sottolineare qui che il nomadismo da sempre appartiene alla storia e alle tradizioni della popolazione zingara.
In un certo senso, il venditore (o il comunicatore) è chiamato ad essere un po’ zingaro.
Sulla scia di quanto detto precedentemente, infatti, il nomadismo intellettuale può dettare la superiorità di un essere rispetto ad un altro.
Così come il viaggiare apre nuovi orizzonti, creare nuove relazioni amplifica le opportunità di business e mescolare etnie diverse rinforza (e non indebolisce) il codice genetico di una popolazione.
Certo le resistenze non sono poche e sono ben radicate, ma qualcosa si può fare per vincerle.
La curiosità, per esempio, è un antidoto contro qualsiasi forma di stagnazione mentale. In comunicazione, poi, paga tantissimo. In vendita ancora di più.
Osservare attentamente i gesti e i comportamenti di una persona, per poi passare ad analizzare il suo linguaggio paraverbale e, infine, quello verbale, ci consente di percepire di lui molte sfumature che, altrimenti, andrebbero perse.
Osservare, analizzare, farsi domande e incuriosirsi su ogni aspetto della realtà comunicativa che ci circonda aumenta le possibilità di migliorare le nostre performance.
Sottrarsi a tutti questi stimoli significa lasciarsi comunicare. Approfittare di questa sfida e cavalcarla significa saper comunicare.
Non è necessario iniziare dai grandi sistemi. È sufficiente partire dalle piccole cose. È impressionante quanto un grosso problema frazionato in problemi piccoli possa essere risolto con molta più facilità che affrontandolo tutto insieme.
Da domattina, da stasera, anzi da questo istante, vi esorto ad osservare la vita che ci circonda con alcuni degli strumenti che ho cercato di analizzare in questo libro.
È stupefacente notare quanto un piccolo gesto, uno sguardo consapevole, una `buonanotte’ detta in un determinato modo, invece che buttata via come al solito, vi mettano in condizione di migliorare la vostra comunicazione con una velocità ed un’efficacia che prima sembravano impossibili da raggiungere. È molto più semplice del previsto.
Il problema è sempre quello: finora molte condizioni hanno remato contro la nostra evoluzione, da un certo tipo di scuola ad un concetto limitativo di famiglia o di relazione. È giunto il momento di prendere in mano la propria vita.
È finalmente giunto il momento, se siete d’accordo, di condurre la nostra vita e non di subirla! Buon divertimento, il lavoro inizia ora, in questo preciso istante.