Tre cose che…

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Tratto dal libro di Roberto Rasia dal Polo: “Conduci la tua vita!” in vendita su www.LikeNOone.com

Esiste una nota teoria formativa americana che predica l’importanza del numero 3 per la memorizzazione di qualsiasi concetto.

Pare che se io ti dico 3 cose, il tuo cervello sia più disposto a ricordarsele piuttosto che se le cose fossero 2 o 4. Al di là dei dubbi che questa tesi lecitamente solleva, mi piego anche io ad essa per ricordarvi quali siano le tre caratteristiche base di qualsiasi momento comunicativo.
Che si tratti di fare uno speech in pubblico, una negoziazione con un fornitore o affrontare una dinamica di vendita con un cliente, in ognuno di questi casi, potrebbe essere davvero utile concentrarsi qualche minuto prima su questi 3 parametri: l’interlocutore, la situazione e l’obiettivo.
Quando parlammo di ascolto, mettemmo decisamente la nostra attenzione sull’importanza del tempo che si dedica all’altro. Vi ricordate? Non un ascolto che assomigli al verbo ‘sentire’, ma un ascolto attivo, anche detto partecipato, in cui non solo si ascolta il contenuto di chi abbiamo di fronte, ma si studia anche la sua forma. A questo concetto va aggiunta un’evidenza: ogni interlocutore che mi trovo di fronte è un universo a sé stante. Ogni cliente è diverso e ogni collega necessita un approccio diverso. Ecco, tra l’altro, anche il motivo per cui sono personalmente così contrario ai metodi universali, quelli che pretendono di spiegare tutto il mondo con una sola teoria.
Ogni metodo è deduttivo, vuol dire che viene creato dopo l’osservazione e l’analisi della realtà, per cercare di capirla e ingabbiarla in uno schema. Per intenderci, la mela non cade per terra perché esiste la legge di gravità che ne studia l’accelerazione. È la legge di gravità che esiste perché un giorno una mela è caduta in testa a Newton, che a quel punto si pose alcune domande.
Ma questo lo dimentichiamo.
Costantemente ci troviamo di fronte a qualcuno che pretende con un metodo più o meno di derivazione americana di capire tutta la nostra vita e impostare la nostra comunicazione grazie al metodo X e poi a quello Y, etc.
Torniamo al nostro interlocutore, per essere ben certi che voi vi facciate delle domande nell’imminenza di incontrarlo. Chi è costui? Che ruolo ha? Che capacità di acquisto potrebbe avere questo cliente? Qual è il suo umore? Cosa mi suggerisce il suo corpo? Ha qualche tic quando parla di prezzo? È più interessato al contenuto di quello che compra o al servizio con cui lo compra. E potrei andare avanti tre pagine, semplicemente per far capire che ogni persona umana con cui comunichiamo è un universo a sé.
In comunicazione (ovvero in vendita) quante più cose sappiamo del nostro interlocutore tanto più vantaggio competitivo avremo.
La seconda caratteristica è la situazione. Nel caso di attività commerciali, questa è abbastanza semplice. La situazione implica l’osservazione, lostudio e l’analisi di tutto ciò che mi circonda, sia dal punto di vista ambientale che geografico. Comunicare con una persona in un negozio è ben diverso che farlo in mezzo alla strada.
Quando indossate un camice, la persona che avete di fronte ha sensazioni diverse rispetto a quando non lo indossate. Fare la vostra offerta commerciale in negozio o da un palco è profondamente differente. Ovvio, direte voi.
Ma, mica tanto, rispondo io! Continuo a incontrare venditori che provano a sottopormi i loro prodotti e servizi come se fossimo colleghi e fossimo in un loro meeting per le vendite. Peccato che io sia il cliente e sia distantissimo dal loro modo di parlare, di autoriferirsi, etc. Chiudiamo con la terza parola magica: l’obiettivo! Mi auguro non vi siate persi uno degli ultimi numeri di PLATFORM Optic che abbiamo dedicato proprio a questo concetto chiave.
Riassumo qui brevemente il suo ruolo fondamentale per qualsiasi dinamica di vendita e/o comunicazione. Non serve a nulla perdere il proprio tempo per confezionare un’attività di marketing o di vendita se non ci chiediamo prima con assoluta precisione quale sia il nostro obiettivo. Bisogna, però, chiederselo ben prima di agire ossia in fase di strategia. Spesso le persone non ottengono ciò che vogliono perché non sanno neanche ciò che vogliono.
E sapere ciò che si vuole costituisce la capacità di delineare con assoluta attenzione il proprio obiettivo, che deve risultare chiaro, preciso, ma soprattutto concreto. Io non posso avere l’obiettivo di fatturare di più.
Non è un obiettivo. È un augurio blando questo. Io devo pormi l’obiettivo di fattturare 5.000 € in più al mese, che significa 1.250 € in più alla settimana, il che significa (diviso sei giorni feriali) 210 € al giorno in più. E ora che ho un obiettivo preciso, mi devo chiedere: cosa devo fare per fatturare 210 € in più al giorno? Qual è la strategia migliore?
Solo rispondendo a queste domande, avrete la possibilità di porvi il vostro obiettivo. E porselo è già il primo modo per raggiungerlo. Ecco, che comunicare e vendere fossero difficili lo avete letto in queste mie pagine decine di volte. Ora tocca a voi, da domani. Anzi, proprio da questo momento. È l’azione che farà la differenza. Comunichiamo Amici, non è mai abbastanza!