Verso il Metaverso.

Considerato il “Santo Graal” dal fondatore di Facebook Zuckerberg e dagli altri colossi dei videogiochi e del web, questo universo parallelo sarà il prossimo grande salto nell’evoluzione di Internet.

Nella serie di spot prenatalizi by Dolce & Gabbana, i due stilisti (elegantissimi pupazzi) ballano e cantano in un luogo virtuale, favoloso, pieno di luci e colori, una specie di centro commerciale a Las Vegas, ammiccando e proponendo, con la scusa di fare gli auguri di Natale, alcuni loro prodotti D&G mass-market.

Questi commercial in TV mi hanno spinto a ragionare e fare una prima ricerca su un prossimo futuro commerciale virtuale. Quei due pupazzi animati mi hanno fatto pensare a come saremo noi o a come saranno i nostri figli nel Metaverso, di cui sentiamo parlare sempre più spesso. Metaverse è il termine coniato dallo scrittore Neal Stephenson in Snow Crash libro di fantascienza cyberpunk del 1992, che descrive questo mondo come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Stephenson caratterizza il Metaverso come un’immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su di una monorotaia con 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza.

Su questa sfera ogni persona può e potrà “acquistare e realizzare” in 3D tutto ciò che desidera: yacht, supercar, negozi, uffici, nightclub e tanto altro, lascio alla vostra immaginazione il limite di ciò che si può già o che si potrà virtualmente possedere. Il bello è che tutto quanto immaginato, regolarmente acquistato e fornito nel Metaverso sarà potenzialmente visitabile e godibile da tutti gli utenti.

Verso la fine dello scorso anno abbiamo letto di utenti molto facoltosi che hanno già acquistato mega yacht virtuali da 600 mila dollari nel Metaverso (un prezzo vantaggioso se paragonato al reale) o che hanno acquistato isole, hotel, club, discoteche, ristoranti, mega centri commerciali per prepararsi ad accogliere “amici” ed offrire “free o a pagamento” solo esperienze extra ordinarie.

Quella di Stephenson era una visione futuristica di internet, un mondo virtuale frequentato dalle fasce della popolazione medio alte, dove la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar (da quelli in bianco e nero molto pixelati, a quelli con una perfetta resa 3D delle persone più agiate) e dalla possibilità di accedere a luoghi super esclusivi (fino al il Sole Nero, il Top dei Top).

Esempi primordiali di Metaverso sono considerati i MMORPG e tutte le chat in 3D come Second life o Active Worlds. Ma ecco che nell’ottobre del 2021 Facebook Inc. si trasforma in Meta Platforms Inc. e parte con il piano di “reclutamento” e assunzione di diecimila persone ma solo in Europa (chi altro nel mondo se non noi?) per creare il Metaverso. Operazione che tende la mano al governo di Bruxelles, da sempre attenta osservatrice, ma dal buco della serratura, di ciò che fanno a Menlo Park (negli ultimi 10 anni non si è registrato nessun progetto EU per sviluppare una piattaforma informatica nativa europea). Facebook pochi giorni prima di diventare Meta dichiara così: “siamo finalmente arrivati all’inizio del percorso per costruire la piattaforma digitale del futuro.

Una nuova generazione di esperienze virtuali interconnesse che utilizzeranno “di base” tecnologie come la realtà virtuale e aumentata”. Facebook Inc. specifica che il Metaverso si basa sull’idea che rafforzando la sensazione di “presenza virtuale”, l’interazione online può diventare molto più vicina all’esperienza “reale” quella vissuta di persona. Sempre secondo Fb il Metaverso ha “il potenziale di aiutare a sbloccare l’accesso a nuove opportunità creative, sociali ed economiche. E saranno gli Europei a plasmarlo fin dall’inizio”.

Questa affermazione mi ricorda alcuni scritti degli anni ’60 di Timothy Francis Leary, uno scrittore, psicologo, docente di Harvard e attore statunitense, noto per le sue posizioni e il suo attivismo in favore dell’uso delle droghe psichedeliche (LSD) per liberare la creatività e far vivere esperienze ultraterrene. Leary promise ai giovani degli anni Sessanta, attraverso lo stato di coscienza extraordinario, auto-liberazione, piacere carnale e pienezza spirituale. Da subito Facebook ha spinto sull’acceleratore spiegando ai potenziali investitori che il Metaverso è uno straordinario strumento di business che inaugurerà una nuova era. Un universo in cui la realtà virtuale, la realtà aumentata e la realtà estesa convergeranno con il mondo fisico.

La “splendida notizia” per i fortunati investitori è che è già possibile investire nel Metaverso attraverso una varietà di strumenti di investimento in cryptovalute, tra cui azioni delle principali aziende informatiche, ETF, token digitali e NFT. Verranno così generati nuovi modelli di business e saranno favoriti sia l’aggiornamento continuo che il miglioramento dell’infrastruttura digitale a supporto del Metaverso.

E le borse internazionali stanno reagendo con grande entusiasmo, gli investimenti fioccano e i grandi brand fashion&sportswear si organizzano per accogliere i clienti. I sociologi però parlano del preludio di una nuova forma di sorveglianza, senza precedenti, al servizio di un regno dove la percezione amplificata del virtuale si alimenterà di informazioni provenienti dal mondo reale e complesso, in cui i dati e la tecnologia rappresentano “confini esistenziali” di un’area nebulosa tra il virtuale e la realtà, che sfuggono alla percezione del diritto e delle leggi vigenti. Le pubbliche amministrazioni e le grandi aziende stanno già lavorando per poter offrire i loro servizi ai cittadini e ai loro clienti (avatar) abbattendo così i costi e i tempi.

Ma siamo preparati per questo? Noi tutti che viviamo e lavoriamo supportati (video chat per lo smartworking) o anche oppressi dai social potremo evitarlo? Che tipo di Metaverso vogliamo creare? Chi può crearlo? Chi stabilirà la governance del Metaverso? Quanti Metaversi verranno creati (si parla già di Ominiverse)? E soprattutto fin dove può spingersi il rapporto tra l’uomo e la tecnologia?

Questo mondo virtuale parallelo, nella vita terrena sta però già fornendo nuova vitalità all’economia reale, rappresentando una sorta di modello mainstream proprietario, animato da due grandi paradigmi della computer science: l’ubiquitous computing1 e il cloud computing2 in cui gemelli digitali, repliche digitali di entità viventi e anche non viventi, avatar, alcuni dei quali potrebbero essere bot, agenti virtuali e manifestazioni di intelligenza artificiale, prosperano e vengono resi sempre più accattivanti dalle migliori tecnologie di computer graphic. Meta Inc. sta infatti cercando in Europa soprattutto giovanissimi creativi, nuovi visionari e artisti esperti in videografica, arte e fotografia digitale, modellazione 3D. Bloomberg Intelligence ha stimato opportunità di mercato nel Metaverso per un valore di 800 miliardi di dollari entro il 2024. Tutto si baserà sulla fornitura di contenuti digitali super potenziati, perché nel Metaverso si potranno vivere solo esperienze straordinarie, mai nulla di banale o di simile al reale.

Una famiglia media (il target primario è la middleclass ammesso che esista ancora) potrà così vivere virtualmente ogni volta che lo vorrà come fanno i miliardari, in ranch, su mega yacht o su isole favolose, attorniati da amici e da gente bellissima. Interessante anche scoprire che nel Metaverso sarà proibito “progettare e costruire”, qualsiasi cosa sarà preprogettata e disponibile a “pagamento” nel grande Mall virtuale che lo fornirà ontime. Ma il rischio riguardo la sorveglianza e il processo di ingegneria sociale porta ad alcune riflessioni. La prima riguarda le logiche aziendali delle Big Company verso il Metaverso e il conseguente rischio di soppressione della capacità di autodeterminazione degli individui, a vantaggio della formattazione su un unico standard dominante per la creazione di nuovi mercati “virtuali” con business “reale”.

La seconda riguarda invece la nuova frontiera del “capitalismo cognitivo” con l’assalto alla vulnerabilità umana, aprendo a diverse questioni di giustizia sociale, mercificazione dei dati personali e nuove pratiche predatorie sulla privacy.

1 – Lo Ubiquitous Computing è un modello post-desktop di interazione uomo-macchina corrispondente all’inglese human-computer interaction, in cui l’elaborazione delle informazioni è stata interamente integrata all’interno di oggetti e attività di tutti i giorni. Per i programmatori è il modello opposto al paradigma di desktop computing.
2 – Il Cloud computing indica, in informatica, un paradigma di erogazione di servizi offerti su richiesta da un fornitore a un cliente finale attraverso la rete internet, a partire da un insieme di risorse preesistenti, configurabili e disponibili in remoto sotto forma di architettura distribuita.

Angelo Dadda