Visione e qualità della vita
IN COLLABORAZIONE CON SOPTI SOCIETÀ OPTOMETRICA ITALIANA E A CURA DEL SUO COMITATO SCIENTIFICO
Due lavori, uno studio condotto su 100 bambini utilizzatori di lenti per ortocheratologia e un case report, diametralmente opposti solo apparentemente. Il loro denominatore comune è il miglioramento della qualità della vita, nello sport e nelle attività quotidiane.
Il primo, pubblicato su Eye Contact Lens. 2018 Sep;44(5):335-338. Investigation of the Effect of Orthokeratology Lenses on Quality of Life and Behaviors of Children di Zhao F e al, si è posto come obiettivo l’analisi dei cambiamenti nella qualità della vita e nel comportamento di 100 bambini che hanno utilizzato lenti per Ortocheratologia, tra gennaio 2016 e febbraio 2017.
Il questionario, suddiviso in tre moduli che comprendevano: sintomatologia, intrattenimento e attività sportiva, studio e vita quotidiana, è stato somministrato prima dell’applicazione e a tre mesi dall’applicazione delle lenti a contatto.
I punteggi indicati nei tre moduli (sintomi, intrattenimento, studio e vita) presentavano una differenza statisticamente significativa in 9 dei 69 questionari validi per lo studio a 3 mesi dall’applicazione delle lenti a contatto per ortocheratologia. Analizzando i risultati, è emerso che il motivo principale per cui i bambini prediligevano le lenti per ortocheratologia era la comodità nelle attività sportive (43,5%). Inoltre, i bambini che indossavano lenti erano più sicuri di sé, più disposti a provare cose nuove e più attivi nella partecipazione a sport e intrattenimento, con un conseguente aumento del tempo totale dedicato alle attività all’aperto.
La maggior parte dei bambini (75,4%) ha considerato positiva l’esperienza ed era disposta ad utilizzare lenti a contatto per ortocheratologia.
Il secondo lavoro: Use of Sports and Performance Vision Training to Benefit a Low Vision Patient’s Function di Laby DM, pubblicato su Optometry and Vision Science. 2018 Sep;95(9):898-901, presenta un case report sui benefici dati dall’utilizzo del vision training in ambito sportivo, nel miglioramento della funzione visuomotoria oggettiva e soggettiva in un paziente ipovedente.
Una donna di 37 anni con sindrome di Usher presentava ridotta acuità visiva centrale e una riduzione del campo visivo. L’autore ha riportato, dopo 14 settimane di visual training, un miglioramento nell’uso della visione residua. In particolare è stato raggiunto un miglioramento compreso fra il 27% e il 31% nella coordinazione occhio-mano, con un miglioramento del 41% nel tracciamento degli oggetti e nella concentrazione visiva.
Un dato molto interessante è stato il miglioramento percepito dal paziente nell’avvertire una miglior abilità visiva. Le conclusioni riportate dall’autore hanno ipotizzato l’impiego del visual training non solo per migliorare le performance di atleti a cui viene somministrato, ma anche nel migliorare le capacità visive nei soggetti ipovedenti, con conseguente miglioramento della loro qualità di vita.